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Daniel Chavarria

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Messaggio Da mosquito Lun 8 Apr 2013 - 1:14

Daniel Chavarria 480px-Daniel_Chavarr%C3%ADastudy
http://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Chavarr%C3%ADa

Daniel Chavarria (Uruguay, 23 novembre 1933) è uno scrittore e rivoluzionario uruguaiano. Vive a Cuba dove è stato professore di latino, greco e letturatura classiche all'Università dell'Avana.
Biografia [modifica]

Chavarria ha lavorato come minatore ad Essen, modello a Colonia, guida al Prado Museum di Madrid, lavapiatti a Parigi. È stato anche monaco.
Dopo il colpo di stato del 1964 in Brasile (dove all'epoca viveva) si è trasferito in Amazzonia per fare il cercatore d'oro.
È arrivato a Cuba dirottando un piccolo aereo, per il quale aveva pagato il biglietto. A Cuba ha lavorato come traduttore ed insegnante di latino e greco, prima di iniziare la sua carriera di scrittore. Si definisce cittadino uruguayano e scrittore cubano. È stato un sostenitore della rivoluzione cubana.
Stile di scrittura [modifica]

Chavarria si inserisce nella tradizione degli scrittori politici latino-americani, come Gabriel Garcia Marquez, ma con uno spirito più fresco ed ottimista, non dissimile da quello di Luis Sepulveda e Paco Ignacio Taibo II.
I libri di Chavarria criticano duramente le violenze dei regimi fascisti.
Lui cita come letture giovanili Jules Verne, Emilio Salgari e Alexandre Dumas padre, le cui influenze sono chiaramente visibili nelle sue opere. In El rojo en la pluma del loro è riconoscibile l'influenza de Il conte di Montecristo di Dumas.
Romanzi [modifica]


  • 1978 - Joy
  • 1984 - La sexta isla
  • 1991 - Allá ellos
  • 1993 - El ojo de Cibeles e El ojo Dyndimenio
  • 1994 - Adiós muchachos
  • 1999 - Aquel año en Madrid
  • 2001 - El rojo en la pluma del loro
  • 2004 - Viudas de sangre
  • 2005 - Príapos e Lo que dura dura
  • 2006 - Una pica en Flandes
  • 2009 - Y el mundo sigue andando
Premi [modifica]

Joy:

  • "Aniversario de la Revolución", La Habana, 1975.
  • "Capitán San Luis", 1978.
La sesta isola:

  • "Premio de la Crítica", La Habana.
Allá ellos:

  • "Dashiell Hammett Award", Gijón, 1992.
L'occhio di Cybele:

  • "Planeta-Joaquín Mortiz", México, 1993.
  • "Educación y Cultura", Montevideo, 1994.
  • "Ennio Flaiano", Pescara, 1998.
  • "Premio de la Crítica", La Habana.
Adiós Muchachos:

  • "Edgar Allan Poe Award", New York, 2002, Mystery Writers of America.
El rojo en la pluma del loro:

  • "Premio Casa de las Américas", La Habana, 2000.
  • "Premio de la Crítica", La Habana.
Viudas de sangre:

  • "Premio Alejo Carpentier", La Habana, 2004
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Messaggio Da mosquito Lun 8 Apr 2013 - 1:17

http://www.resistenze.org/sito/te/po/cu/pocu3g24.htm
intervista 2003 study

Perché un
cittadino uruguayano, scrittore di successo, decide di vivere a
Cuba?

Amo il
Tropico, la sua aria limpida, il sole, la temperatura...Dopo 30 anni passati
all'Avana, mi sono abituato alla sua umidità e ne ho bisogno. Cuba mi piace
soprattutto per la sua musica, per la sua gente, le sue pazzie e i suoi balli.
Ma soprattutto, perché non conosco una società più
giusta.

Se considera
quella cubana una società così giusta, perché tanta gente rischia la vita in
mare, con i figli piccoli, per fuggire
dall'isola?

Purtroppo, tanti secoli di
capitalismo nel mondo hanno fatto sì che in tutte le società esista gente, molta
gente, per la quale il desiderio principale, il non plus ultra della vita, è
diventare ricchi. E a Cuba questo è impossibile: perché quasi nessuno diventa
ricco con il suo lavoro. La ricchezza implica lo sfruttamento degli altri, il
loro plus valore.

A Cuba siamo felici soltanto noi che ci
abituiamo ad una vita modesta; noi che siamo soddisfatti di costruire una
società migliore, e viviamo con cooperazione e affetto con i nostri simili; noi
che amiamo il nostro lavoro e cerchiamo di essere creativi. I giovani, qui,
hanno la possibilità di studiare, dedicarsi alle scienze, all'arte, allo sport,
a tutto quello che vogliono. Ma per essere felice a Cuba bisogna essere umili,
come la maggior parte della popolazione. Bisogna rinunciare a vivere del lavoro
altrui, rinunciare all'egoismo e a questa mentalità aberrante per la quale il
mondo sarebbe diviso in vincitori e perdenti, a seconda che abbiano più o meno
soldi e potere, che poi sono i valori che permettono di occupare uno scalino più
o meno alto nelle società classiste.


Sono
convinto che nessuno che aspiri, nella sua vita, a diventare ricco può essere
anche onesto. Come Bertold Brecht, credo sia più dignitoso rapinare una banca
che essere il suo presidente. Quindi, questa città giusta, la più giusta del
mondo, può anche essere un inferno per quelli che aspirano ad avere denaro e
potere personale. Hanno soltanto due possibilità: commettere reati a Cuba o
emigrare.

Gli Stati Uniti non gli danno il permesso
di ingresso, ma da anni promulgano una macabra legge di Aduste Cubano, per la
quale tutti i cubani che arrivino sul territorio statunitense ricevono
immediatamente aiuto economico, un lavoro e la residenza negli Usa. Mentre gli
immigranti del Messico, Guatemala, Haiti e Santo Domingo, diciamo da tutta
l'America Latina, vengono bastonati alla frontiera, uccisi, cacciati come
animali, i cubani che fanno lo stesso vengono trattati con tutte le accortezze.
Questo per demonizzare la società cubana, presentarla al mondo come se fosse
simile ai Balcani, un luogo in cui la popolazione rischia la vita per fuggire
dall'orrore, dalla guerra, dalla fame, dalle mafie locali e dai massacri. Ma in
Cuba non c'è mafia, né fame, né violenza, né guerra, né ingiustizia. Ah...però
ci sono leggi che ti impediscono di sfruttare gli altri e di diventare
ricco.

Così gli Usa
investono milioni di dollari per sostenere una permanente campagna pubblicitaria
sulla vita e la libertà e la democrazia; e molti, in maggioranza gente
antisociale, ma anche persone onorate e ingenue, rischiano la vita con la
speranza di arrivare alla libertà (questa "libertà di commercio e sfruttamento
del prossimo") e alla democrazia nella quale governa Bush con i voti di Gore;
comunque, con voti che non provengono dalla maggioranza del
popolo.

Cuba fu
condannata lo scorso anno dalla Commissione dei Diritti Umani dell'Onu, per aver
violato tali diritti. Che ne pensa?

E' una
vergogna per le Nazioni Unite e una dimostrazione in più del servilismo
internazionale nei confronti degli interessi americani. Figurarsi, contro Cuba
ha votato l'Argentina, un paese dove la dittatura militare degli anni Settanta
fece sparire 30mila persone. In tema di stermini, l'Argentina offre cifre
impressionanti, delle quali forniscono notizia le Madri di Plaza de Mayo e
l'associazione Figli. E proprio il governo argentino, servo di Washington, lo
stesso che si rifiuta di collaborare con le madri e gli orfani e protegge i
militari torturatori, condanna Cuba, dove in 40 anni non si è verificata una
sola sparizione.

In Uruguay, scenario in parte della
macabra operazione Condor, organizzata dagli Usa, giacché la Cia addestrava con
le tecniche di repressione e tortura i militari del Sud America, sparirono e
furono massacrati milizia di oppositori. Un paio di anni fa, il presidente
sanguinetti si rifiutò di collaborare con Juan Gelman, grande poeta argentino,
orgoglio della letteratura in lingua spagnola, che dopo aver individuato i
responsabili

della sparizione dei suoi figli, gli
chiedeva aiuto per cercare i nipoti. Sanguinetti gli rispose che erano storie
passate, soldati in pensione, come se il loro ritiro li esonerasse dalla
responsabilità dei crimini. E tirò fuori la Legge del Punto Finale, o "legge
della dimenticanza", promossa e imposta dagli stessi militari assassini per
sfruttare l'impunità e il denaro rubato alle vittime.

E' stato
questo Uruguay che protegge i militari torturatori, quello che condannò Cuba
come violatrice dei diritti umani. L'unico paese dell'America Latina dove non è
mai stata istituzionalizzata la tortura, dove non sono mai esistiti gruppi
paramilitari dedicati a massacri e sparizioni di operai, studenti e contadini. E
nel Cono sudamericano condannò Cuba anche il Cile, dove il generale Pinochet non
soltanto risiede, ma anche circola impunemente. E la condannò il Paraguay,
teatro di endemici massacri in questo secolo, dove sono ancora endemiche anche
malattie come la malaria e lo scorbuto, che potrebbero essere estirpate con un
minimo investimento. Il Paraguay della fame, dello scorbuto, condannò Cuba
perché non rispetterebbe i diritti umani; condannò un paese che in materia di
salute potrebbe esibire medaglie d'oro, record della medicina, indici di
efficienza che il resto dell'America Latina non sogna
neppure.

Ma
continuiamo con la lista...A parte un paio di astensioni, Cuba fu condannata da
tutta l'America Latina, dove esistono bambini che lavorano dai cinque anni in
su, bambini sfruttati per la prostituzione, drogati, sicari professionali di 15
anni che uccidono per 50 dollari, come in Colombia e nel Salvador. Tutti questi
paesi condannarono Cuba, dove non c'è un bimbo che ha fame, senza ospedale,
senza un insegnante, senza libri, compresi i bambini ritardati e quelli che
vivono nelle montagne più sperdute. La condannò la Comunità europea in blocco,
sotto l'iniziativa di Polonia e Cecoslovacchia, tirapiedi degli yankee, paesi
dove prosperano le mafie, la tratta delle bianche, la pedofilia. Che
genuflessioni di gente svergognata!

Ma il colmo
è stata la condanna del Salvador e del Guatemala, soprattutto, dove governa a
sevizia del generale Rìos Montt dietro la facciata strumentale del presidente
democratico Portillo. Ma nessuno ignora in Guatemala che l'attuale democrazia ha
avuto i suoi 200mila morti, 30mila desaparecidos, un milione e mezzo di
rifugiati, 627 massacri ufficiali, 3mila persone sotterrate clandestinamente. E'
questo il bollettino dell'operazione Tierra Arrasada, capitanata da Rìos Montt e
ispirata dagli Usa. E da questo democratico governo che obbedisce servilmente
gli Stati Uniti e condanna Cuba, è fuggita il Premio Nobel Rigoberta Menchù. E'
stata costretta all'esilio in Messico, dopo aver denunciato i genocidi del
generale Rìos Montt di fronte all'Audencia Nacinal spagnola e al giudicie
Baltazar Garzòn. E condannano Cuba....E' degno della Storia Universale
dell'Infamia.
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Messaggio Da mosquito Lun 8 Apr 2013 - 1:26

http://www.tvcamaguey.co.cu/index.php?option=com_content&view=article&id=35018:chavarria-naci-en-uruguay-pero-me-siento-un-escritor-cubano&catid=42:cultura&Itemid=83

El novelista Daniel Chavarría, Premio Nacional de Literatura (2010) y figura homenajeada en la XXII Feria Internacional del Libro, afirmó que, aunque nació en Uruguay, se siente como un escritor cubano.

Detalló que sus textos tratan de recrear ambientes cosmopolitas, con tramas y personajes situados en otras regiones del mundo, pero siempre enarbolando los principios más importantes de la Revolución Cubana.

Aquí me formé como novelista –agregó-, logré crear mi primera obra, tengo premios dirigidos a los autores nacionales y soy miembro de la Unión de Escritores y Artistas de Cuba.

Daniel Chavarría es responsable de textos emblemáticos de las letras universales, como La sexta isla (1984), Allá ellos (1991), Adiós muchachos (1994), El rojo en la pluma del loro (2001) y Viudas de Sangre (2004), este último galardonado ese año con el Premio Alejo Carpentier.

Su primera gran obra, Joy (1978), merecedora del lauro Capitán San Luis a la mejor novela policíaca publicada en la década del 70 del pasado siglo, refleja las agresiones de los gobiernos de los Estados Unidos de América a Cuba.

El 11 de febrero de 2011, en la Sala Nicolás Guillén, del Complejo Militar Morro - Cabaña, durante la XX Feria Internacional del Libro, Chavarría recibió el Premio Nacional de Literatura (2010
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Messaggio Da mosquito Lun 8 Apr 2013 - 1:38

Daniel Chavarria Daniel-1-port-580x435
http://www.cubadebate.cu/fotorreportajes/2013/02/18/daniel-chavarria-cubano-por-derecho-fotos/



La llegada de un frente frío no impidió que el público acudiera, este domingo 17 de febrero, a la Fortaleza de San Carlos de La Cabaña donde se celebra por estos días la XXII Feria Internacional del Libro.
La convocatoria que provocó grandes expectativas, era asistir dentro de la variada programación de este evento, al Coloquio “Vida y obra de Daniel Chavarría”, el cual devino en un hecho cultural memorable.
Dentro de las personalidades que presidieron como panelistas este Coloquio efectuado en la Sala Nicolás Guillén estuvieron Juan Madrid, escritor español, José Manuel Martín Medem, director de radio y televisión en España, Iroel Sánchez, ingeniero y periodista cubano y Mónica Olivera, Directora del Sello Ediciones Cubanas de ARTex, al que se sumaron ante el llamado del Premio Nacional de Literatura 2010, el reconocido saxofonista César López, el joven Doctor, Gelacio Aday Romeu (Chachy) y el narrador, poeta y repentista, Alexis Díaz Pimienta, a quienes catalogó el propio Chavarría, como sus hijos cubanos.
Para no variar en cuanto a la originalidad del homenajeado, a quien también está dedicada la edición XXII de esta Feria, las palabras de apertura y presentación estuvieron a su cargo y de manera mágica cada uno de los panelista cayeron en su trampa pasional, en la que por supuesto cayeron todos los presentes rendidos ante un Daniel Chavarría quien narró cómo burló la muerte o más bien, como la mentira de un doctor (Chachy) le hizo acudir a un hospital para salvar su vida.
El novelista definitivamente y con orgullo, habló más de sus amigos e hijos cubanos que de su obra, la cual atrapa y cuenta con miles de seguidores en el mundo.
También hizo anécdotas de su vida, detallando la vocación que poseen sus hijos hacia la marginalidad herramienta que ha utilizado en algunas ocasiones al escribir algunos policíacos y de la entrañable relación que tiene con Cuba y los cubanos, en las que el humor, como se ha hecho habitual en sus presentaciones, ocupó un lugar protagónico.
Momentos especiales en este espacio resultaron las interpretaciones musicales de César López en temas como “La flor de la Canela”, “El día que me quieras” y “Me faltabas tú”, dedicado este último, por petición del autor de Príapo, a la presidenta del Instituto cubano del Libro, Zuleika Romay.
Mónica Olivera, representante del Sello Ediciones Cubanas, también aprovechó la ocasión para jugarle una buena pasada a Daniel, al anunciarle en pleno coloquio, la llegada de su novela inédita hasta el momento “La piedra de rapé”, la cual fue presentada por la propia especialista y vendida al público, alcanzando gran acogida, además de ser una de las grandes novedades que tuvo este encuentro.
No faltó la genialidad artística de Alexis Díaz Pimienta quien pidió a la audiencia que marcaran pies forzados, para rendir tributo con su verso, a este “escritor cubano nacido en Uruguay” como él mismo asevera, que resulta ser tremendamente universal por su visión y actitud ante la vida, a la que se une su versátil y auténtica obra.
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Messaggio Da mosquito Lun 8 Apr 2013 - 1:46

Mónica Olivera, representante del Sello Ediciones Cubanas, también aprovechó la ocasión para jugarle una buena pasada a Daniel, al anunciarle en pleno coloquio, la llegada de su novela inédita hasta el momento “La piedra de rapé”, la cual fue presentada por la propia especialista y vendida al público

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