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Cuba, la presidenza della CELAC e l'Unione Europea
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Cuba, la presidenza della CELAC e l'Unione Europea
Cuba rivoluzionaria e socialista ha assunto alla fine del mese di gennaio la presidenza pro-tempore della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC). E' un fatto di grande rilievo; è il riconoscimento a un popolo e un paese che, nel corso di 54 anni, affrontando fin dai primi momenti della rivoluzione le maggiori difficoltà e prove economiche, militari e politiche, ha dato “lezioni” di tenacia e solidarietà rivoluzionarie al mondo, ricevendone in cambio il rispetto, l'ammirazione e la solidarietà di milioni di esseri umani. Molto si è già scritto e molto si scriverà ancora su Cuba e sul suo inestimabile contributo alla lotta dei popoli, per salvare vite umane, per il sorriso e l'apertura degli orizzonti della conoscenza a milioni di esseri umani in America Latina, in Africa e in altre parti del mondo. La piccola isola dei Caraibi, con poco più di 11 milioni di abitanti, ha assunto la presidenza della maggiore organizzazione di integrazione dell'America Latina, con 33 paesi e un territorio che va dal Messico fino alla Patagonia argentina e cilena.
Fatto di grande rilievo e impossibile da ottenere senza tutte le lotte (di classe) che percorrono oggi il continente latinoamericano, senza le avanzate e anche i passi indietro in diversi paesi- tra gli altri, quelli provocati dai colpi di Stato in Paraguay e in Honduras –, senza il carattere antimperialista della sconfitta del progetto degli Stati Uniti di costituzione dell'Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). La creazione dell'Alternativa Bolivariana delle Americhe (ALBA), creata, tra gli altri paesi, da Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Cuba, con un carattere sovrano, solidale e di complementarietà degli interessi e bisogni di ogni paese e dei suoi popoli, ha segnato e segna – in maggiore o minor grado – i processi di integrazione che ne sono seguiti o che già esistevano nel continente. Sono lontani (1962) i tempi dell'espulsione di Cuba dall'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), comandata dagli USA, con un pretesto che occorre ora ricordare: “l'adesione di qualsiasi membro dell'Organizzazione degli Stati Americani al marxismo-leninismo è incompatibile con il Sistema Interamericano e l'allineamento di un tale governo al blocco comunista rompe l'unità e la solidarietà dell'emisfero”. Sono lontani quei tempi, ma di essi si conserva il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli USA a Cuba, con un impatto criminale sul suo popolo e sugli effetti positivi che la sua fine produrrebbe. Blocco che è stato condannato dalla CELAC e da molti paesi e organizzazioni, compresa l'Assemblea Generale dell'ONU.
La CELAC e la sua presidenza pro-tempore a Cuba rappresenta un pugno nello stomaco degli USA e di una Unione Europea al servizio dei grandi monopoli, arrogante, interventista e interprete politico della permanente campagna mediatica anti-cubana diretta a partire da Miami e Madrid. Ironia di un tempo nuovo, Cuba assume questa presidenza subito dopo il Vertice UE-CELAC. Questo evento si confronta con una UE che mantiene un'inammissibile “Posizione Comune” (1996) su Cuba, con l'obiettivo di “incentivare il processo di transizione” politica e cercando di negare il diritto inalienabile di Cuba alla propria autodeterminazione e indipendenza e la scelta di modello economico, politico, sociale e culturale che il suo popolo ritenga adeguato ai suoi interessi e aspirazioni. Il mantenimento della “Posizione Comune” discrimina un paese e tutta la regione dell'America Latina e dei Caraibi, che a questo paese ha attribuito la responsabilità di presiedere la più grande organizzazione di integrazione della regione. Angela Merkel, Durão Barroso, Rajoy (Spagna) e compagnia sono andati al Vertice UE-CELAC con il cappello in mano, chiedendo investimenti dell'America Latina nell'UE e “sicurezza giuridica per gli investimenti” del grande capitale dell'UE in questa regione – dopo le decisioni sovrane di vari paesi di nazionalizzare o rinazionalizzare diverse imprese. Se ne sono andati con la coda tra le gambe, con l'affermazione – richiesta dai paesi di ALBA – del “diritto sovrano degli Stati a regolare la loro economia”.
Gli sviluppi in America Latina sono contrassegnati da intense lotte di classe, con tutte le contraddizioni che ne derivano e a cui non sfugge la stessa CELAC (che comprende governi rivoluzionari e progressisti ma anche i governi reazionari di Colombia, Cile e Messico). La reazione manovra in un quadro di nuovi rapporti di forza. L'Alleanza del Pacifico, che è composta da Messico, Colombia, Perù e Cile, intende proporre nel 2013 un accordo che mira alla “libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone”.
Le contraddizioni e le difficoltà sono caratteristiche dello sviluppo della lotta di classe.
pane-rose.it
Fatto di grande rilievo e impossibile da ottenere senza tutte le lotte (di classe) che percorrono oggi il continente latinoamericano, senza le avanzate e anche i passi indietro in diversi paesi- tra gli altri, quelli provocati dai colpi di Stato in Paraguay e in Honduras –, senza il carattere antimperialista della sconfitta del progetto degli Stati Uniti di costituzione dell'Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). La creazione dell'Alternativa Bolivariana delle Americhe (ALBA), creata, tra gli altri paesi, da Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Cuba, con un carattere sovrano, solidale e di complementarietà degli interessi e bisogni di ogni paese e dei suoi popoli, ha segnato e segna – in maggiore o minor grado – i processi di integrazione che ne sono seguiti o che già esistevano nel continente. Sono lontani (1962) i tempi dell'espulsione di Cuba dall'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), comandata dagli USA, con un pretesto che occorre ora ricordare: “l'adesione di qualsiasi membro dell'Organizzazione degli Stati Americani al marxismo-leninismo è incompatibile con il Sistema Interamericano e l'allineamento di un tale governo al blocco comunista rompe l'unità e la solidarietà dell'emisfero”. Sono lontani quei tempi, ma di essi si conserva il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli USA a Cuba, con un impatto criminale sul suo popolo e sugli effetti positivi che la sua fine produrrebbe. Blocco che è stato condannato dalla CELAC e da molti paesi e organizzazioni, compresa l'Assemblea Generale dell'ONU.
La CELAC e la sua presidenza pro-tempore a Cuba rappresenta un pugno nello stomaco degli USA e di una Unione Europea al servizio dei grandi monopoli, arrogante, interventista e interprete politico della permanente campagna mediatica anti-cubana diretta a partire da Miami e Madrid. Ironia di un tempo nuovo, Cuba assume questa presidenza subito dopo il Vertice UE-CELAC. Questo evento si confronta con una UE che mantiene un'inammissibile “Posizione Comune” (1996) su Cuba, con l'obiettivo di “incentivare il processo di transizione” politica e cercando di negare il diritto inalienabile di Cuba alla propria autodeterminazione e indipendenza e la scelta di modello economico, politico, sociale e culturale che il suo popolo ritenga adeguato ai suoi interessi e aspirazioni. Il mantenimento della “Posizione Comune” discrimina un paese e tutta la regione dell'America Latina e dei Caraibi, che a questo paese ha attribuito la responsabilità di presiedere la più grande organizzazione di integrazione della regione. Angela Merkel, Durão Barroso, Rajoy (Spagna) e compagnia sono andati al Vertice UE-CELAC con il cappello in mano, chiedendo investimenti dell'America Latina nell'UE e “sicurezza giuridica per gli investimenti” del grande capitale dell'UE in questa regione – dopo le decisioni sovrane di vari paesi di nazionalizzare o rinazionalizzare diverse imprese. Se ne sono andati con la coda tra le gambe, con l'affermazione – richiesta dai paesi di ALBA – del “diritto sovrano degli Stati a regolare la loro economia”.
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