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Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
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Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Realizzava un'inchiesta sui delitti di Lignano
La giornalista Mediaset era accompagnata dal cameraman Fabio Tricarico e dai giornalisti Domenico Pecile (Messaggero Veneto) e Stefano Cavicchi (Corriere della Sera)
La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata arrestata a Cuba, nei pressi di Camaguey, durante la realizzazione di un reportage sull'omicidio di Lignano per il programma Domenica Live. Con lei sono stati arrestati anche l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile e il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi. Già avvisata la famiglia
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/articoli/1062185/cubaarrestata-giornalista-mediaset.shtml
La giornalista Mediaset era accompagnata dal cameraman Fabio Tricarico e dai giornalisti Domenico Pecile (Messaggero Veneto) e Stefano Cavicchi (Corriere della Sera)
La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata arrestata a Cuba, nei pressi di Camaguey, durante la realizzazione di un reportage sull'omicidio di Lignano per il programma Domenica Live. Con lei sono stati arrestati anche l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile e il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi. Già avvisata la famiglia
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/articoli/1062185/cubaarrestata-giornalista-mediaset.shtml
Ultima modifica di arcoiris il Sab 29 Set 2012 - 13:49 - modificato 1 volta.
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Una giornalista di Mediaset, Ilaria Cavo, è stata arrestata a Cuba, dove si era recata per realizzare un reportage sul caso del deglitto dei coniugi di Lignano Sabbiadoro. Ne dà notizia il TgCom24.
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
La Cavo era sulle tracce di Reiver Laborde Rico, il fratello 24enne di Lisandra, la giovane che ha confessato il delitto di Paolo Burgato e Rosetta Sostero, avvenuto a Lignano Sabbiadoro il 19 agosto scorso. Il giovane è ritenuto dagli inquirenti complice nel delitto. La Cavo, ha spiegato TgCom24, è stata "arrestata per motivi a noi ancora poco chiari".
http://www.romagnanoi.it/news/italiaestero/736779/Arrestata-a-cuba-Ilaria-Cavo-giornalista-di-Mediaset.html
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Ilaria Cavo (Genova, 11 ottobre 1973) è una giornalista e scrittrice italiana.
Laureata in scienze politiche ed iscritta all'ordine dei giornalisti della Liguria dal 1998, ha esordito come direttrice della rete locale ligure Primocanale.
Nel 2002 ha vinto il Premio nazionale di giornalismo Saint Vincent, promosso dall'Ordine Nazionale dei Giornalisti con il patrocinio dalla Presidenza della Repubblica per la diretta di sei giorni degli scontri che hanno costellato il vertice del G8 di Genova. Nel luglio 2007, su indicazione dei direttori delle principali 35 testate giornalistiche nazionali, è stata insignita del Premio Nazionale di giornalismo Ischia nella cetegoria "under 35".
Giornalista specializzata in cronaca nera è stata per cinque anni inviata di punta nel programma di Porta a Porta condotto da Bruno Vespa.
Nel 2006 è approdata alle reti Mediaset, entrando nella redazione Videonews diretta da Giorgio Mulé e successivamente da Claudio Brachino. Ha lavorato per Matrix, condotta prima da Enrico Mentana, in seguito da Alessio Vinci. Fra settembre e dicembre 2007 ha condotto su Retequattro la trasmissione Tempi Moderni.
Nel 2006 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto il libro "diciassette omicidi per caso" sulla vita e la storia di Donato Bilancia, che ha incontrato in carcere per sei volte.
Nel 2007 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto il libro La chiamavano Bimba, dove tratteggia e descrive la personalità di Annamaria Franzoni attraverso le testimonianze di una serie di persone che hanno avuto a che fare con il caso di cronaca.
Dal 2008 è anche opinionista sui fatti di cronaca nera e giudiziaria nei programmi Mattino Cinque e Pomeriggio Cinque.
Nel 2011 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto "il cortocircuito, storia di ordinaria ingiusitizia"
Dal novembre 2011 è conduttrice del canale all news Mediaset, TGcom24.
Nell'estate del 2012 ha intervistato Francesco Schettino.
Pubblicazioni
Diciassette omicidi per caso, storia vera di Donato Bilancia, Mondadori, 2006
La chiamavano bimba, Annamaria Franzoni nei racconti di chi l'ha conosciuta, Mondadori, 2007
Il cortocircuito. Storie di ordinaria ingiustizia, Mondadori, 2011
Laureata in scienze politiche ed iscritta all'ordine dei giornalisti della Liguria dal 1998, ha esordito come direttrice della rete locale ligure Primocanale.
Nel 2002 ha vinto il Premio nazionale di giornalismo Saint Vincent, promosso dall'Ordine Nazionale dei Giornalisti con il patrocinio dalla Presidenza della Repubblica per la diretta di sei giorni degli scontri che hanno costellato il vertice del G8 di Genova. Nel luglio 2007, su indicazione dei direttori delle principali 35 testate giornalistiche nazionali, è stata insignita del Premio Nazionale di giornalismo Ischia nella cetegoria "under 35".
Giornalista specializzata in cronaca nera è stata per cinque anni inviata di punta nel programma di Porta a Porta condotto da Bruno Vespa.
Nel 2006 è approdata alle reti Mediaset, entrando nella redazione Videonews diretta da Giorgio Mulé e successivamente da Claudio Brachino. Ha lavorato per Matrix, condotta prima da Enrico Mentana, in seguito da Alessio Vinci. Fra settembre e dicembre 2007 ha condotto su Retequattro la trasmissione Tempi Moderni.
Nel 2006 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto il libro "diciassette omicidi per caso" sulla vita e la storia di Donato Bilancia, che ha incontrato in carcere per sei volte.
Nel 2007 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto il libro La chiamavano Bimba, dove tratteggia e descrive la personalità di Annamaria Franzoni attraverso le testimonianze di una serie di persone che hanno avuto a che fare con il caso di cronaca.
Dal 2008 è anche opinionista sui fatti di cronaca nera e giudiziaria nei programmi Mattino Cinque e Pomeriggio Cinque.
Nel 2011 per Arnoldo Mondadori Editore ha scritto "il cortocircuito, storia di ordinaria ingiusitizia"
Dal novembre 2011 è conduttrice del canale all news Mediaset, TGcom24.
Nell'estate del 2012 ha intervistato Francesco Schettino.
Pubblicazioni
Diciassette omicidi per caso, storia vera di Donato Bilancia, Mondadori, 2006
La chiamavano bimba, Annamaria Franzoni nei racconti di chi l'ha conosciuta, Mondadori, 2007
Il cortocircuito. Storie di ordinaria ingiustizia, Mondadori, 2011
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Da Twitter:
ciro pellegrino @ciropellegrino
fermati a Cuba i giornalisti italiani Ilaria Cavo di Mediaset , Pecile del Mess. Veneto, Cavicchi del Corriere e l'operatore Tricarico
LQQ Post @LQQ_Blog
Ultim'ora: arrestata #Ilaria #Cavo mentre si trovava a Cuba per lavoro! http://fb.me/1MRYxqjep
gigi mingarini @gigimingarini1
aggiornamento : ILARIA CAVO E LA TROUPE SONO SOLO "FERMATI" .... #cuba
Clemente Mimun @cjmimun
Ifermo e non arresto x Ilaria Cavo,l'operatore mediaset e 2 altri colleghi a Cuba
marina martino @marinamartino
La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata arrestata a Cuba, nei pressi di Camaguey,... http://fb.me/1BZNNTHNy
Adriano Valentini @AdrianoVln
Arrestata la giornalista #IlariaCavo a Cuba. Stava realizzando un reportage sull'omicidio di #Lignano
Non te la dò ★★★ @carlagobbi81
Con #ilariaCavo #mediaset arrestati anche l'operatore, un giornalista del Messaggero Veneto e fotoreporter del #Corriere. #Cuba #Lignano
Globalist.it @GlobalistNet
Ilaria Cavo, #giornalista di #Mediaset, è stata #arrestata a Cuba http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=33947&typeb=0
Clemente Mimun @cjmimun
La giornalista Mediaset Ilaria Cavo arrestata a Cuba, dove realizzava un reportage sull'Omicidio di Lignano per il programma Domenica Live.
ciro pellegrino @ciropellegrino
fermati a Cuba i giornalisti italiani Ilaria Cavo di Mediaset , Pecile del Mess. Veneto, Cavicchi del Corriere e l'operatore Tricarico
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Ultim'ora: arrestata #Ilaria #Cavo mentre si trovava a Cuba per lavoro! http://fb.me/1MRYxqjep
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aggiornamento : ILARIA CAVO E LA TROUPE SONO SOLO "FERMATI" .... #cuba
Clemente Mimun @cjmimun
Ifermo e non arresto x Ilaria Cavo,l'operatore mediaset e 2 altri colleghi a Cuba
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La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata arrestata a Cuba, nei pressi di Camaguey,... http://fb.me/1BZNNTHNy
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Arrestata la giornalista #IlariaCavo a Cuba. Stava realizzando un reportage sull'omicidio di #Lignano
Non te la dò ★★★ @carlagobbi81
Con #ilariaCavo #mediaset arrestati anche l'operatore, un giornalista del Messaggero Veneto e fotoreporter del #Corriere. #Cuba #Lignano
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Ilaria Cavo, #giornalista di #Mediaset, è stata #arrestata a Cuba http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=33947&typeb=0
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La giornalista Mediaset Ilaria Cavo arrestata a Cuba, dove realizzava un reportage sull'Omicidio di Lignano per il programma Domenica Live.
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Arrestati a Cuba quattro inviati italiani
Indagavano sull'omicidio di Lignano
Ilaria Cavo, giornalista Mediaset e il suo operatore Fabio Tricarico, Domenico Pecile, cronista del Messaggero Veneto e Stefano Cavicchi, fotoreporter del Corriere della Sera erano sulle tracce di Reiver Laborde Rico, il fratello 24enne di Lisandra, la giovane che ha confessato il delitto dei coniugi di Lignano Sabbiadoro avvenuto il 19 agosto scorso
L'AVANA - Una giornalista di Mediaset, Ilaria Cavo, è stata arrestata a Cuba, dove si era recata per realizzare un reportage sul caso del delitto dei coniugi di Lignano Sabbiadoro 1. Lo riferisce il TgCom24. La Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, a un fotoreporter del Corriere della Sera, Stefano Cavicchi e a un cronista del Messaggero Veneto, Domenico Pecile. Stavano tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando sono stati fermati dalle autorità locali.
Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite". La Cavo e gli altri inviati erano sulle tracce di Reiver Laborde Rico, il fratello 24enne di Lisandra, la giovane che ha confessato il delitto di Paolo Burgato e Rosetta Sostero, avvenuto a Lignano Sabbiadoro il 19 agosto scorso. Il giovane è ritenuto dagli inquirenti complice nel delitto. La Cavo, ha spiegato TgCom24, è stata "arrestata per motivi a noi ancora poco chiari".
La Farnesina ha confermato l'arresto della giornalista e degli altri inviati italiani. "Siamo in costante contatto con l'ambasciata" spiegano dal ministero degli Esteri, sottolineando come la sede diplomatica italiana stia già lavorando con le autorità locali per chiarire la vicenda. L'ambasciata sarebbe già riuscita a contattare gli italiani arrestati. Sulla vicenda si è mosso anche il Viminale.
http://www.repubblica.it/esteri/2012/09/29/news/cuba_arrestata_giornalista_mediaset_indagava_sull_omicidio_di_lignano-43514501/
Indagavano sull'omicidio di Lignano
Ilaria Cavo, giornalista Mediaset e il suo operatore Fabio Tricarico, Domenico Pecile, cronista del Messaggero Veneto e Stefano Cavicchi, fotoreporter del Corriere della Sera erano sulle tracce di Reiver Laborde Rico, il fratello 24enne di Lisandra, la giovane che ha confessato il delitto dei coniugi di Lignano Sabbiadoro avvenuto il 19 agosto scorso
L'AVANA - Una giornalista di Mediaset, Ilaria Cavo, è stata arrestata a Cuba, dove si era recata per realizzare un reportage sul caso del delitto dei coniugi di Lignano Sabbiadoro 1. Lo riferisce il TgCom24. La Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, a un fotoreporter del Corriere della Sera, Stefano Cavicchi e a un cronista del Messaggero Veneto, Domenico Pecile. Stavano tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando sono stati fermati dalle autorità locali.
Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite". La Cavo e gli altri inviati erano sulle tracce di Reiver Laborde Rico, il fratello 24enne di Lisandra, la giovane che ha confessato il delitto di Paolo Burgato e Rosetta Sostero, avvenuto a Lignano Sabbiadoro il 19 agosto scorso. Il giovane è ritenuto dagli inquirenti complice nel delitto. La Cavo, ha spiegato TgCom24, è stata "arrestata per motivi a noi ancora poco chiari".
La Farnesina ha confermato l'arresto della giornalista e degli altri inviati italiani. "Siamo in costante contatto con l'ambasciata" spiegano dal ministero degli Esteri, sottolineando come la sede diplomatica italiana stia già lavorando con le autorità locali per chiarire la vicenda. L'ambasciata sarebbe già riuscita a contattare gli italiani arrestati. Sulla vicenda si è mosso anche il Viminale.
http://www.repubblica.it/esteri/2012/09/29/news/cuba_arrestata_giornalista_mediaset_indagava_sull_omicidio_di_lignano-43514501/
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
12:35 - La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata fermata a Cuba, nei pressi di Camaguey, durante la realizzazione di un reportage sull'omicidio di Lignano per il programma Domenica Live. Con lei sono stati fermati anche l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile e il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi. Già avvisata la famiglia.
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
La Farnesina ha confermato l'arresto della giornalista di Mediaset Ilaria Cavo e degli altri inviati italiani fermati ieri sera a L'Avana. Alle 15 (ora italiana) si terrà il processo per direttissima nella città cubana di Camaguey .
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/articoli/1062185/fermata-a-cuba-la-giornalista-ilaria-cavorealizzava-uninchiesta-sui-delitti-di-lignano.shtml
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
La Farnesina ha confermato l'arresto della giornalista di Mediaset Ilaria Cavo e degli altri inviati italiani fermati ieri sera a L'Avana. Alle 15 (ora italiana) si terrà il processo per direttissima nella città cubana di Camaguey .
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/articoli/1062185/fermata-a-cuba-la-giornalista-ilaria-cavorealizzava-uninchiesta-sui-delitti-di-lignano.shtml
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo è stata fermata e rilasciata a Cuba, nei pressi di Camaguey, durante la realizzazione di un reportage sull'omicidio di Lignano per il programma Domenica Live. Stessa sorte per l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile e il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi. Oggi alle 15 il processo per direttissima
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
La Farnesina ha confermato il fermo della giornalista di Mediaset Ilaria Cavo e degli altri inviati italiani fermati ieri sera a L'Avana. Alle 15 (ora italiana) si terrà il processo per direttissima nella città cubana di Camaguey .
Cavicchi: "Hanno ripulito tutte le schede del girato
"Siamo a Camaguey, un paese di 300mila abitanti" nell'entroterra cubano" ha spiegato Cavicchi a Tgcom24. "Ieri mattina - ha raccontato - sei uomini ci hanno sequestrato dalla casa di Reiver Laborde Rico", il giovane 24enne ritenuto complice dagli inquirenti italiani nel duplice omicidio di Lignano. "Hanno fatto irruzione - ha spiegato - nell'appartamento e hanno ripulito le schede del girato fatto dall'operatore di Ilaria Cavo.
TGCOM
Cavo, ha spiegato Claudio Brachino, direttore di Videonews, si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità. Il fatto è avvenuto ieri sera e la rappresentanza diplomatica italiana è stata immediatamente avvertita. "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
La Farnesina ha confermato il fermo della giornalista di Mediaset Ilaria Cavo e degli altri inviati italiani fermati ieri sera a L'Avana. Alle 15 (ora italiana) si terrà il processo per direttissima nella città cubana di Camaguey .
Cavicchi: "Hanno ripulito tutte le schede del girato
"Siamo a Camaguey, un paese di 300mila abitanti" nell'entroterra cubano" ha spiegato Cavicchi a Tgcom24. "Ieri mattina - ha raccontato - sei uomini ci hanno sequestrato dalla casa di Reiver Laborde Rico", il giovane 24enne ritenuto complice dagli inquirenti italiani nel duplice omicidio di Lignano. "Hanno fatto irruzione - ha spiegato - nell'appartamento e hanno ripulito le schede del girato fatto dall'operatore di Ilaria Cavo.
TGCOM
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
ehh..con el Sebo..non si giuoca..
e chissa' quale sara' l'accusa rivolta ai tre periodisti..
bisogna pero' riconoscere un certo ..buon gusto. .a fermare una tale periodista..
http://video.repubblica.it/cronaca/cuba-arrestata-ilaria-cavo-giornalista-mediaset/106383/104763
non mala direi...
e magari la vogliono proporre per la direzione del Granma internacional..dopo la recente fuga a Miami di un'altra jefa editorial..
Ultima modifica di mosquito il Sab 29 Set 2012 - 17:19 - modificato 1 volta.
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://video.repubblica.it/mondo/cavicchi-hanno-cancellato-le-mie-foto/106389/104769
audio del fotoreporter Cavicchi:
"..10 ore di interrogatorio..cancellate tutte le foto..mezz'ora di colloquio nel salotto di casa Reiner..molto tranquillo..sembrava in vacanza piu' che in fuga..si è detto estraneo all'accaduto..
all'uscita della casa placcato da 6 agenti...e oggi il processo..."
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://video.sky.it/news/cronaca/omicidio_a_lignano_sabbiadoro/p1402.pls
allora il liyo è che sono entrati con visto turistico..
se avessero dichiarato che erano periodisti e che volevano fare uno scoop probabilmente non glielo avrebbero concesso..
per cui hanno probabilmente accettato il riesgo..e gli è andata maluccio..
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Fermati-a-Cuba-quattro-giornalisti-italiani-Blitz-contro-di-noi-cancellati-foto-e-video_313743643746.html
Alcuni giornalisti italiani sono stati fermati nei pressi di Camaguey a Cuba e successivamente rilasciati mentre lavoravano sul caso dei coniugi uccisi a Lignano. Ora saranno processati.
Si tratta della giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo, che stava realizzando un reportage sul duplice omicidio per il programma 'Domenica Live', l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del 'Messaggero Veneto' Domenico Pecile e il fotoreporter del 'Corriere della Sera' Stefano Cavicchi.
"Eravamo nella villetta dove stavamo intervistando il fratello di Lisandra, Reiver Laborde Rico, indagato come lei per l'omicidio di Lignano, quando a un certo punto, mentre uscivo, sei agenti del ministero degli Interni di Cuba si sono avvicinati e mi hanno fermato", racconta Cavicchi all'Adnkronos.
"E' stato - sottolinea - un vero e proprio blitz contro di noi, hanno ripulito le schede con le foto e cancellato i video girati dall'operatore".
Il fotoreporter si trova adesso in un hotel a Camaguey, piantonato dalla polizia cubana, in attesa dell'udienza che si terrà alle 9, ora cubana (le 15 in Italia). Gli altri giornalisti, racconta, sono insieme in una casa, sempre scortati dalle Forze dell'ordine.
"Ieri sera mi hanno chiuso in macchina e portato in caserma. Pensavo addirittura che fossero venuti ad arrestare Reiver Laborde Rico", continua. ''La polizia cubana ha affermato di aver eseguito quest'operazione per un problema di visti'', aggiunge il fotoreporter, che si dice comunque ''abbastanza sereno, anche se pieno di stupore per quello che è accaduto: ho avuto conferma del fatto che la Farnesina sta iniziando a muoversi per noi. Siamo in attesa - conclude - di ciò che accadrà".
Sul sito internet di Tgcom24 Claudio Brachino, direttore di Videonews, riferisce che Cavo "si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della Sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità". "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
Nell'intervista all'inviato del 'Messaggero Veneto', riporta il quotidiano, Reiver Laborde Rico, ritenuto responsabile con la sorella Lisandra dell'omicidio dei due anziani coniugi a Lignano, racconta: "La notte del duplice omicidio ero a casa, tranquillo, perché aspettavo di partire".
Reiver dice di non saperne nulla e di essere convinto che sua sorella Lisandra abbia parlato e confessato perché sotto minaccia. "Io - afferma - sono partito da Lignano il 19 di agosto, mi sono fermato a Salerno e poi sono ripartito per Cuba. Scappato, io? Macché, dovevo tornare da mia moglie perché doveva nascere il secondo figlio. E' nato il 24 di agosto". "Sono tranquillo. Sono sereno. Non ho nulla da nascondere", conclude.
Alcuni giornalisti italiani sono stati fermati nei pressi di Camaguey a Cuba e successivamente rilasciati mentre lavoravano sul caso dei coniugi uccisi a Lignano. Ora saranno processati.
Si tratta della giornalista di Mediaset e inviata di Videonews Ilaria Cavo, che stava realizzando un reportage sul duplice omicidio per il programma 'Domenica Live', l'operatore Fabio Tricarico, il cronista del 'Messaggero Veneto' Domenico Pecile e il fotoreporter del 'Corriere della Sera' Stefano Cavicchi.
"Eravamo nella villetta dove stavamo intervistando il fratello di Lisandra, Reiver Laborde Rico, indagato come lei per l'omicidio di Lignano, quando a un certo punto, mentre uscivo, sei agenti del ministero degli Interni di Cuba si sono avvicinati e mi hanno fermato", racconta Cavicchi all'Adnkronos.
"E' stato - sottolinea - un vero e proprio blitz contro di noi, hanno ripulito le schede con le foto e cancellato i video girati dall'operatore".
Il fotoreporter si trova adesso in un hotel a Camaguey, piantonato dalla polizia cubana, in attesa dell'udienza che si terrà alle 9, ora cubana (le 15 in Italia). Gli altri giornalisti, racconta, sono insieme in una casa, sempre scortati dalle Forze dell'ordine.
"Ieri sera mi hanno chiuso in macchina e portato in caserma. Pensavo addirittura che fossero venuti ad arrestare Reiver Laborde Rico", continua. ''La polizia cubana ha affermato di aver eseguito quest'operazione per un problema di visti'', aggiunge il fotoreporter, che si dice comunque ''abbastanza sereno, anche se pieno di stupore per quello che è accaduto: ho avuto conferma del fatto che la Farnesina sta iniziando a muoversi per noi. Siamo in attesa - conclude - di ciò che accadrà".
Sul sito internet di Tgcom24 Claudio Brachino, direttore di Videonews, riferisce che Cavo "si trovava insieme a un operatore Mediaset, Fabio Tricarico, e a un fotoreporter del Corriere della Sera. Stava tornando a L'Avana, dopo aver realizzato una parte del reportage, quando è stata fermata dalle autorità". "Ilaria - ha spiegato Brachino - non ha fatto nulla di illegale. Ha realizzato interviste assolutamente lecite".
Nell'intervista all'inviato del 'Messaggero Veneto', riporta il quotidiano, Reiver Laborde Rico, ritenuto responsabile con la sorella Lisandra dell'omicidio dei due anziani coniugi a Lignano, racconta: "La notte del duplice omicidio ero a casa, tranquillo, perché aspettavo di partire".
Reiver dice di non saperne nulla e di essere convinto che sua sorella Lisandra abbia parlato e confessato perché sotto minaccia. "Io - afferma - sono partito da Lignano il 19 di agosto, mi sono fermato a Salerno e poi sono ripartito per Cuba. Scappato, io? Macché, dovevo tornare da mia moglie perché doveva nascere il secondo figlio. E' nato il 24 di agosto". "Sono tranquillo. Sono sereno. Non ho nulla da nascondere", conclude.
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
Ilaria Cavo al Telefono..:
http://www.video.mediaset.it/video/tgcom24/ultimi_arrivi/323022/ilaria-cavo-a-tgcom24-il-racconto-del-fermo.html
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
entonces peccato per il Tgcom
ma almeno il sig.Pecile..inviato del Messaggero Veneto..è riuscito a trabajare a kuba..
e ad inviarci l'intervista a Rei..
http://www.aserequebola.net/t1111-lisandra-aguila-rico-y-er-fattaccio-bruttodi-lignano
Rei che, oltre che dichiararsi estraneo all'omicidio,
..afferma come pure la sorella sarebbe stata incapace di un tale efferatezza..opera casomai di "gente con le palle"..
http://www.video.mediaset.it/video/studioaperto/edizione_servizio/322996/mediaset-giornalista-e-opereatore-fermati-a-cuba-con-due-colleghi.html
ma almeno il sig.Pecile..inviato del Messaggero Veneto..è riuscito a trabajare a kuba..
e ad inviarci l'intervista a Rei..
http://www.aserequebola.net/t1111-lisandra-aguila-rico-y-er-fattaccio-bruttodi-lignano
Rei che, oltre che dichiararsi estraneo all'omicidio,
..afferma come pure la sorella sarebbe stata incapace di un tale efferatezza..opera casomai di "gente con le palle"..
http://www.video.mediaset.it/video/studioaperto/edizione_servizio/322996/mediaset-giornalista-e-opereatore-fermati-a-cuba-con-due-colleghi.html
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/09/29/news/fermato-e-poi-rilasciato-l-inviato-del-messaggero-veneto-a-cuba-1.5775282
Domenico Pecile "libero":
Sto bene
Ora ci portano all'Avana
Fermato con altri tre giornalisti e poi rilasciato. Il giornalista del Messaggero Veneto è stato sottoposto a un procedimento amministrativo in cui gli si contesta la regolarità del visto. Aveva raggiunto e intervistato Il fratellastro di Lisandra a Camaguey, Cuba. I due sono accusati dell’omicidio dei coniugi Burgato. "Io e mia sorella non c’entriamo. Lisandra mi accusa? L’hanno minacciata"
L’sms che t’aspetti arriva alle 21 in punto, le 15 ora cubana. È il messaggio del gestore telefonico che annuncia la riaccensione del cellulare. Chi ha il dito più svelto vince la prima telefonata a Domenico Pecile. Tocca al direttore Omar Monestier risentire la voce del suo inviato “speciale” dopo oltre sei ore di silenzio dall’ultimo, velocissimo contatto con la collega Luana de Francisco.
Poi scatta l’intervista. «Ciao. Abbiamo appena finito gli interrogatori e firmato i verbali. Siamo ancora senza passaporto. Saremo accompagnati all’Avana. S’è fatto vivo l’ambasciatore. È un sollievo».
Domenico parla sciolto. «Ci hanno trattati benissimo, anche se ci hanno “bloccati” per molto tempo. La notte abbiamo dormito qualche ora. Sapevo che dovevo tenere i nervi saldi. Ora saremo scortati da uno di loro, ma non so dove ci porteranno, all’Avana. Siamo ottimisti perché ci hanno ridato il cellulare».
Nessun processo allora. Nessuna direttissima. «Vero. Per loro era una formalità. Però per loro eravamo in dolo. In una caserma siamo stati fermi dalle 16 alle 19 e poi siamo andati a dormire a mezzanotte. Ti spiegherò...», taglia corto Pecile sull’argomento. Sarà materiale per un bel pezzo, quando tornerà in redazione, con i piedi in Italia. O magari già quando sarà sull’aereo.
Cambia scena, Pecile. Cena e pranzo “gratis”: «Riso e carne di maiale e pollo; frutta tropicale. Mi sono lavato, cambiato e sbarbato. Prima ci hanno portati in una caserma del ministero dell’emigrazione; quindi è stata a volta della caserma del ministero degli interni».
E Rei? «Mai più visto. Durante l’intervista – prosegue il racconto Pecile – davamo nell’occhio, è evidente che qualcuno ha avvertito...».
Problemi di visto sul passaporto allora. «Già. Il nostro era per “holiday”, ci spiegavano. Devo dire che ci hanno trattati bene: sorrisi, “buon giorno” e “buona sera”. Ma è stato uno stress grande perché non sai, perché non hai contatti, perché sei a migliaia di chilometri da casa, non c’è l’avvocato, non sai cosa ti aspetta. Perché... tutto!».
Quindi Domenico ricorda la “cattura”. «Ero in taxi e stavamo andando verso l’albergo, dopo l’intervista a Rei; stavo cercando il fotografo del Corriere e ho sentito un trambusto. “Come!”, vieni, e sono entrato in una loro auto, mi hanno tolto il cellulare e abbiamo cominciato ad aspettare».
Vorrebbe continuare a parlare, Domenico, dalla terrazza della caserma sulla cui non è nemmeno guardato a vista. Ma improvvisamente dice: «Devo andare devo andare. Chiama Catia, non mi risponde». La moglie. Adiós. Anzi arrivederci.
Il cellulare di Domenico si era scaricato poco prima dell’arresto, a furia di spedire fotografie e, soprattutto, il pezzo dell’intervista.
«Scrivo da una piazzetta qui in città»,
aveva raccontato il giorno prima spiegando che avrebbe spedito l’intervista via e-mail “a pezzi”, come un collage formato da sms, battendo i tasti non comodamente su un computer, ma sulla tastierina del suo BlackBerry.
Doppiamente bravo. E fortunato, visti gli eventi delle ore successive e l’azzeramento di tutti i files audio e video toccato agli altri colleghi con lui a Cuba per trovare e far parlare Reiver Laborde Rico. Lui c’è riuscito perché il suo pezzo è stato pubblicato. Per una volta, il giornale ha battuto la televisione. La diretta è stata sua. Anche ieri.
Domenico Pecile "libero":
Sto bene
Ora ci portano all'Avana
Fermato con altri tre giornalisti e poi rilasciato. Il giornalista del Messaggero Veneto è stato sottoposto a un procedimento amministrativo in cui gli si contesta la regolarità del visto. Aveva raggiunto e intervistato Il fratellastro di Lisandra a Camaguey, Cuba. I due sono accusati dell’omicidio dei coniugi Burgato. "Io e mia sorella non c’entriamo. Lisandra mi accusa? L’hanno minacciata"
L’sms che t’aspetti arriva alle 21 in punto, le 15 ora cubana. È il messaggio del gestore telefonico che annuncia la riaccensione del cellulare. Chi ha il dito più svelto vince la prima telefonata a Domenico Pecile. Tocca al direttore Omar Monestier risentire la voce del suo inviato “speciale” dopo oltre sei ore di silenzio dall’ultimo, velocissimo contatto con la collega Luana de Francisco.
Poi scatta l’intervista. «Ciao. Abbiamo appena finito gli interrogatori e firmato i verbali. Siamo ancora senza passaporto. Saremo accompagnati all’Avana. S’è fatto vivo l’ambasciatore. È un sollievo».
Domenico parla sciolto. «Ci hanno trattati benissimo, anche se ci hanno “bloccati” per molto tempo. La notte abbiamo dormito qualche ora. Sapevo che dovevo tenere i nervi saldi. Ora saremo scortati da uno di loro, ma non so dove ci porteranno, all’Avana. Siamo ottimisti perché ci hanno ridato il cellulare».
Nessun processo allora. Nessuna direttissima. «Vero. Per loro era una formalità. Però per loro eravamo in dolo. In una caserma siamo stati fermi dalle 16 alle 19 e poi siamo andati a dormire a mezzanotte. Ti spiegherò...», taglia corto Pecile sull’argomento. Sarà materiale per un bel pezzo, quando tornerà in redazione, con i piedi in Italia. O magari già quando sarà sull’aereo.
Cambia scena, Pecile. Cena e pranzo “gratis”: «Riso e carne di maiale e pollo; frutta tropicale. Mi sono lavato, cambiato e sbarbato. Prima ci hanno portati in una caserma del ministero dell’emigrazione; quindi è stata a volta della caserma del ministero degli interni».
E Rei? «Mai più visto. Durante l’intervista – prosegue il racconto Pecile – davamo nell’occhio, è evidente che qualcuno ha avvertito...».
Problemi di visto sul passaporto allora. «Già. Il nostro era per “holiday”, ci spiegavano. Devo dire che ci hanno trattati bene: sorrisi, “buon giorno” e “buona sera”. Ma è stato uno stress grande perché non sai, perché non hai contatti, perché sei a migliaia di chilometri da casa, non c’è l’avvocato, non sai cosa ti aspetta. Perché... tutto!».
Quindi Domenico ricorda la “cattura”. «Ero in taxi e stavamo andando verso l’albergo, dopo l’intervista a Rei; stavo cercando il fotografo del Corriere e ho sentito un trambusto. “Come!”, vieni, e sono entrato in una loro auto, mi hanno tolto il cellulare e abbiamo cominciato ad aspettare».
Vorrebbe continuare a parlare, Domenico, dalla terrazza della caserma sulla cui non è nemmeno guardato a vista. Ma improvvisamente dice: «Devo andare devo andare. Chiama Catia, non mi risponde». La moglie. Adiós. Anzi arrivederci.
Il cellulare di Domenico si era scaricato poco prima dell’arresto, a furia di spedire fotografie e, soprattutto, il pezzo dell’intervista.
«Scrivo da una piazzetta qui in città»,
aveva raccontato il giorno prima spiegando che avrebbe spedito l’intervista via e-mail “a pezzi”, come un collage formato da sms, battendo i tasti non comodamente su un computer, ma sulla tastierina del suo BlackBerry.
Doppiamente bravo. E fortunato, visti gli eventi delle ore successive e l’azzeramento di tutti i files audio e video toccato agli altri colleghi con lui a Cuba per trovare e far parlare Reiver Laborde Rico. Lui c’è riuscito perché il suo pezzo è stato pubblicato. Per una volta, il giornale ha battuto la televisione. La diretta è stata sua. Anche ieri.
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/cuba_giornalisti_italiani_arrestati_rilasciati_espulsi_farnesina/notizie/222598.shtml
«Ai quattro cronisti italiani fermati ieri a Cuba è stata contestata la "violazione dello status migratorio" e nei loro confronti si sta effettuando un procedimento amministrativo più che di natura penale»: lo hadetto oggi il viceambasciatore d'Italia a Cuba, Pietro de Martin. La giornalista di Mediaset Ilaria Cavo, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile, il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi e l'operatore Fabio Tricarico - erano arrivati all'Avana con un visto turistico (e per questo sono stati fermati) per indagare sul duplice omicidio di Lignano: il fratello di Lisandra, la giovane cubana che ha confessato il delitto, era il loro obiettivo, ma il materiale fotografico e i video sono stati distrutti dalla polizia. Ilaria Cavo ha detto oggi che, insieme ai colleghi, dovrebbe tornare domani in Italia.
Farnesina all'ambasciatore vìcubano: rapido rientro dei reporter.
La Farnesina ha contattato l'Ambasciatore cubano a Roma per una veloce soluzione della vicenda. Funzionari del Ministero hanno preso contatto con l'ambasciatore di Cuba a Roma per «esprimere l'auspicio che la vicenda possa concludersi con il rapido rientro dei giornalisti in Italia, confidando nella collaborazione da parte cubana». Da parte sua, l'ambasciatore - riferiscono fonti della Farnesina - ha assicurato che la questione è seguita con la massima attenzione dalle autorità dell'Avana.
Ilaria Cavo: ci hanno ridato i passaporti.
«Ci hanno nuovamente sottoposto a interrogatorio, ma alla fine ci hanno consegnato un foglio con cui dovremo ripresentarci domani all'ufficio immigrazione e ci hanno riconsegnato i passaporti» ha raccontato a TgCom24 Ilaria Cavo.
I reporter erano sull'isola sulle tracce di Reiver Laborde Rico, fratello di Lisandra Aguila Rico, in carcere a Trieste per l'omicidio di una coppia di anziani coniugi a Lignano (Udine).
«Di fatto, l'espulsione non è formalizzata, ma c'è un chiaro invito a lasciare il Paese, questo certamente sì - ha detto Ilaria Cavo - E lo faremo a breve, siamo molto provati da queste ore di continui interrogatori. In questo momento, siamo alloggiati in un hotel attiguo al centro di accoglienza. Ma la cosa più importante è che ci abbiano restituito i passaporti: finché non li avevamo in mano, non potevamo dire che la vicenda era conclusa».
«Rientriamo domani in Italia». «Stiamo facendo le ultime pratiche per riuscire ad entrare, siamo all'ambasciata italiana perché abbiamo dovuto fare nuovi biglietti - ha detto successivamente Ilaria Cavo - Non c'è stato alcun decreto di espulsione.
Abbiamo ancora un visto valido fino alla data dei nostri voli normali, ma abbiamo deciso di anticipare il nostro rientro, saremo domani in Italia nel primo pomeriggio. L'iter burocratico è stato lunghissimo. È stato faticoso, tante ore di interrogatorio. Forse eravate più informati voi dall'Italia che noi. Sono state ore complicate con la possibilità di non pernottare in caserma o in cella, ma in una casa, dalla quale però noi non potevamo uscire, quindi, di fatto, in uno stato di libertà ridotta. Loro dovevano seguire l'iter previsto, non c'è stata alcuna udienza o processo per direttissima, solo uno stato di fermo con pratica avviata che è terminato quando siamo poi arrivati a l'Avana, presso l'ufficio immigrazione, dove ci hanno interrogati di nuovo. Non sono state 48 ore facili, ma siamo stati trattati con dignità, seppur nella difficoltà di non capire come sarebbe andata a finire la vicenda».
«Ai quattro cronisti italiani fermati ieri a Cuba è stata contestata la "violazione dello status migratorio" e nei loro confronti si sta effettuando un procedimento amministrativo più che di natura penale»: lo hadetto oggi il viceambasciatore d'Italia a Cuba, Pietro de Martin. La giornalista di Mediaset Ilaria Cavo, il cronista del Messaggero Veneto Domenico Pecile, il fotoreporter del Corriere della Sera Stefano Cavicchi e l'operatore Fabio Tricarico - erano arrivati all'Avana con un visto turistico (e per questo sono stati fermati) per indagare sul duplice omicidio di Lignano: il fratello di Lisandra, la giovane cubana che ha confessato il delitto, era il loro obiettivo, ma il materiale fotografico e i video sono stati distrutti dalla polizia. Ilaria Cavo ha detto oggi che, insieme ai colleghi, dovrebbe tornare domani in Italia.
Farnesina all'ambasciatore vìcubano: rapido rientro dei reporter.
La Farnesina ha contattato l'Ambasciatore cubano a Roma per una veloce soluzione della vicenda. Funzionari del Ministero hanno preso contatto con l'ambasciatore di Cuba a Roma per «esprimere l'auspicio che la vicenda possa concludersi con il rapido rientro dei giornalisti in Italia, confidando nella collaborazione da parte cubana». Da parte sua, l'ambasciatore - riferiscono fonti della Farnesina - ha assicurato che la questione è seguita con la massima attenzione dalle autorità dell'Avana.
Ilaria Cavo: ci hanno ridato i passaporti.
«Ci hanno nuovamente sottoposto a interrogatorio, ma alla fine ci hanno consegnato un foglio con cui dovremo ripresentarci domani all'ufficio immigrazione e ci hanno riconsegnato i passaporti» ha raccontato a TgCom24 Ilaria Cavo.
I reporter erano sull'isola sulle tracce di Reiver Laborde Rico, fratello di Lisandra Aguila Rico, in carcere a Trieste per l'omicidio di una coppia di anziani coniugi a Lignano (Udine).
«Di fatto, l'espulsione non è formalizzata, ma c'è un chiaro invito a lasciare il Paese, questo certamente sì - ha detto Ilaria Cavo - E lo faremo a breve, siamo molto provati da queste ore di continui interrogatori. In questo momento, siamo alloggiati in un hotel attiguo al centro di accoglienza. Ma la cosa più importante è che ci abbiano restituito i passaporti: finché non li avevamo in mano, non potevamo dire che la vicenda era conclusa».
«Rientriamo domani in Italia». «Stiamo facendo le ultime pratiche per riuscire ad entrare, siamo all'ambasciata italiana perché abbiamo dovuto fare nuovi biglietti - ha detto successivamente Ilaria Cavo - Non c'è stato alcun decreto di espulsione.
Abbiamo ancora un visto valido fino alla data dei nostri voli normali, ma abbiamo deciso di anticipare il nostro rientro, saremo domani in Italia nel primo pomeriggio. L'iter burocratico è stato lunghissimo. È stato faticoso, tante ore di interrogatorio. Forse eravate più informati voi dall'Italia che noi. Sono state ore complicate con la possibilità di non pernottare in caserma o in cella, ma in una casa, dalla quale però noi non potevamo uscire, quindi, di fatto, in uno stato di libertà ridotta. Loro dovevano seguire l'iter previsto, non c'è stata alcuna udienza o processo per direttissima, solo uno stato di fermo con pratica avviata che è terminato quando siamo poi arrivati a l'Avana, presso l'ufficio immigrazione, dove ci hanno interrogati di nuovo. Non sono state 48 ore facili, ma siamo stati trattati con dignità, seppur nella difficoltà di non capire come sarebbe andata a finire la vicenda».
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://radiocittaperta.it/informazione/approfondimenti/item/64597-la-causa-del-fermo-a-cuba-dei-4-giornalisti-italiani
Marzio Castagnedi
Scriviamo nel momento in cui i Tg italiani del mezzogiorno di sabato 29 settembre danno la prima notizia del fermo a Cuba, e proviamo dalle scarne prime notizie, a dare una prima risposta. Poiché questo cronista conosce bene Cuba per essere stato diversi anni giornalista regolarmente accreditato a Cuba e anche corrispondente di Radio Città Aperta, diciamo subito che la prima e unica causa del fermo dei quattro inviati italiani è dovuta alla violazione di una regola e di un regolamento che sono molto precisi a Cuba (e non solo a Cuba). Regolamenti certamente noti nelle redazioni e tra i giornalisti stranieri e italiani. Cioè che per esercitare l'attività giornalistica è necessario essere in possesso del relativo VISTO GIORNALISTICO in precedenza richiesto ai consolati cubani. In Italia c'è quello di Milano (via Pirelli, vicino ai palazzi della Regione Lombardia) e a Roma presso la sede dell'ambasciata cubana. Esistono anche i relativi siti in rete dove inviare la domanda. Si tratta di un "visto di transito" che i giornalisti devono richiedere per coprire un determinato evento. Per esempio per la copertura di manifestazioni come Il Festival internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano, prima quindicina di dicembre o La Fiera del Libro prima settimana di febbraio. Ma il visto può essere anche per qualsiasi evento in campo medico, scientifico o culturale. O anche politico, perché no? Per esempio per la visita del Papa tutti i giornalisti italiani (e del mondo) erano in possesso del relativo e regolamentare visto giornalistico di transito. Ma questo visto è stato dato anche per altre occasioni diciamo più individuali e particolari. Per esempio nel marzo 2010 l'inviata del Tg Uno Marilù Lucrezio viaggiò all'Avana dove addirittura realizzò una intervista filmata con la famosa "blogger" Yoani Sanchèz tra l'altro nota per i suoi scritti e posizioni non solo critiche ma anche apertamente ostili al governo cubano. Il servizio filmato fu trasmesso poi da uno "Speciale TgUno" di cui è curatrice la giornalista Monica Maggioni. Come si vede si può fare giornalismo a Cuba a molti livelli e per molte tematiche. Certo Cuba richiede il massimo rispetto di regole e regolamenti, cioè l'esplicita e ufficiale richiesta di visto giornalistico (cosa necessaria e obbligatoria in non poche nazioni, in testa Stai Uniti e Israele). Altra variante riguarda i giornalisti corrispondenti permanenti che cioè risiedono a Cuba per lunghi periodi e anni. Per esempio l'importante quotidiano spagnolo EL PAIS ha in Mauricio Vicent un corrispondente fisso a Cuba da oltre 15 anni, e anche il quotidiano italiano IL MANIFESTO ha da tre anni un suo corrispondente accreditato all'Avana. I corrispondenti permanenti acquisiscono anche lo status di straniero residente temporaneo e hanno carta di identità cubana (i corrispondenti stranieri accreditati a Cuba presso il Centro de Prensa Internacional sono circa 180). Da questo discorso ne deriva in modo evidente che NON è possibile né consentito effettuare lavoro giornalistico a Cuba avendo un semplice VISTO TURISTICO. Il visto turistico lo prendono circa 3 milioni di persone, quanti sono ora i turisti stranieri a Cuba ogni anno. Il visto turistico è un semplice foglietto con identità e nazionalità della persona e con data di entrata nel Paese e che deve essere conservato e presentato al controllo passaporti all'uscita dal Paese. Il visto turistico dà diritto ad una permanenza di un mese a Cuba ed è possibile richiedere una proroga di un secondo mese. Queste regole le rispettano i quasi tre milioni di turisti che si recano a Cuba. E' dunque più che ovvio che non è consentito a giornalisti e fotografi professionali viaggiare e lavorare disinvoltamente a Cuba con un semplice visto turistico comprato in agenzia di viaggi! La imigraciòn cubana ha sempre comunicato che col visto turistico si può viaggiare e permanere nel paese solo facendo i turisti. Anche gli stranieri che a Cuba svolgono attività commerciali (a Cuba operano oltre 400 imprese estere di cui circa 80 italiane), devono richiedere un visto speciale previsto appunto per le attività commerciali. Quindi nelle redazioni degli organi di informazione esteri, tra cui giornali, riviste, radio e tv italiane sanno bene, o dovrebbero sapere, che non è consentito inviare professionisti vestiti da turisti e poi farli girare senza alcun controllo in lungo e in largo per il paese ospitante. Quando vengono intercettati questi cronisti e giornalisti abusivi incorrono nelle sanzioni della violazione sopra descritta. Naturalmente ci sono precedenti, alcuni clamorosi. Come quando nel maggio del 2005, nei giorni 20 e 21 di quel mese, furono intercettati e subito espulsi da Cuba Francesco Battistini, del Corriere della Sera, e una collega di Repubblica. Avevano preso un aereo intercontinentale il giorno prima (confondendosi appunto alla massa dei normali turisti) e pretendevano di essere presenti il giorno successivo all'evento della famosa, e consentita, riunione dei 150 dissidenti cubani ospiti nella villetta di Felix Bonne nel municipio di Rancho Boyeros alla periferia ovest de L'Avana, vicino all'aeroporto internazionale Josè Martì. A quella speciale riunione parteciparono ovviamente esponenti del corpo diplomatico di vari Paesi presenti a Cuba, giornalisti accreditati come corrispondenti permanenti e comunque giornalisti in possesso di visto di transito. I due professionisti italiani sopra citati, di Corriere e Repubblica, pretendevano di infilarsi abusivamente e burlandosi dei regolamenti a quella manifestazione. Alla quale partecipò addirittura il responsabile diplomatico del palazzo della SINA, la sede degli interessi degli Usa all'Avana, James Cason, che portò al capo di quella riunione, la dissidente Marta Beatriz Roque, un dvd con un saluto del presidente Usa G.W.Bush, messaggio che fu letto ai presenti. Ripetiamo: 150 dissidenti cubani. Certo una occasione ghiottissima per la stampa italiana! Di più, la registrazione integrale di quella manifestazione che non fu proprio per nulla né vietata né censurata, venne poi tempo dopo trasmessa dalla Tv cubana nel corso di una "tavola rotonda". Senza filtri e senza tagli. E' ovvio e comprensibile che avvenimenti come quello, o come quello odierno della ricerca del fratello presunto complice dell'assassinio di Lignano dello scorso agosto fuggito a Cuba mentre la sorella rea confessa è in carcere in Italia, è un "boccone" che fa molto gola alla stampa e tv italiana e non solo a quella informativa ma anche a quella "gossipara" dei molti talk show pomeridiani che sulle reti tv italiane fanno a gara a chi trasmette di più sui casi di omicidi, delitti, sparizioni varie. Certo, pretendere di entrare a Cuba senza alcun problema e effettuare "scoop" clandestini e scavalcando le regole, e poi ripartire rimischiandosi e nascondendosi tra le migliaia di turisti in partenza da Cuba, era davvero troppo. Quando le autorità cubane si sono accorte della spedizione (i quattro italiani erano arrivati nella città di Camaguey, avevano lavorato intervistando, fotografando e filmando il giovane cubano soprannominato "Tyson"), sono intervenute fermando i giornalisti abusivi senza il regolamentare visto giornalistico. Le autorità cubane possono anche perdere un po di pazienza dopo i non pochi tentativi, non molto innocenti, come quello in questione, di professionisti venuti a investigare e a lavorare giornalisticamente a Cuba violando ogni regola che sicuramente conoscevano. Quanto al giovane presunto assassino di Lignano soprannominato Tyson, saranno gli investigatori e le autorità di polizia cubane a decidere i tempi di indagine e accordi con la polizia, l'Interpol, la giustizia italiana e gli organi ufficiali della sede diplomanatica d'Italia all'Avana, una volta che sarà spiccato un mandato internazionale
Marzio Castagnedi
Scriviamo nel momento in cui i Tg italiani del mezzogiorno di sabato 29 settembre danno la prima notizia del fermo a Cuba, e proviamo dalle scarne prime notizie, a dare una prima risposta. Poiché questo cronista conosce bene Cuba per essere stato diversi anni giornalista regolarmente accreditato a Cuba e anche corrispondente di Radio Città Aperta, diciamo subito che la prima e unica causa del fermo dei quattro inviati italiani è dovuta alla violazione di una regola e di un regolamento che sono molto precisi a Cuba (e non solo a Cuba). Regolamenti certamente noti nelle redazioni e tra i giornalisti stranieri e italiani. Cioè che per esercitare l'attività giornalistica è necessario essere in possesso del relativo VISTO GIORNALISTICO in precedenza richiesto ai consolati cubani. In Italia c'è quello di Milano (via Pirelli, vicino ai palazzi della Regione Lombardia) e a Roma presso la sede dell'ambasciata cubana. Esistono anche i relativi siti in rete dove inviare la domanda. Si tratta di un "visto di transito" che i giornalisti devono richiedere per coprire un determinato evento. Per esempio per la copertura di manifestazioni come Il Festival internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano, prima quindicina di dicembre o La Fiera del Libro prima settimana di febbraio. Ma il visto può essere anche per qualsiasi evento in campo medico, scientifico o culturale. O anche politico, perché no? Per esempio per la visita del Papa tutti i giornalisti italiani (e del mondo) erano in possesso del relativo e regolamentare visto giornalistico di transito. Ma questo visto è stato dato anche per altre occasioni diciamo più individuali e particolari. Per esempio nel marzo 2010 l'inviata del Tg Uno Marilù Lucrezio viaggiò all'Avana dove addirittura realizzò una intervista filmata con la famosa "blogger" Yoani Sanchèz tra l'altro nota per i suoi scritti e posizioni non solo critiche ma anche apertamente ostili al governo cubano. Il servizio filmato fu trasmesso poi da uno "Speciale TgUno" di cui è curatrice la giornalista Monica Maggioni. Come si vede si può fare giornalismo a Cuba a molti livelli e per molte tematiche. Certo Cuba richiede il massimo rispetto di regole e regolamenti, cioè l'esplicita e ufficiale richiesta di visto giornalistico (cosa necessaria e obbligatoria in non poche nazioni, in testa Stai Uniti e Israele). Altra variante riguarda i giornalisti corrispondenti permanenti che cioè risiedono a Cuba per lunghi periodi e anni. Per esempio l'importante quotidiano spagnolo EL PAIS ha in Mauricio Vicent un corrispondente fisso a Cuba da oltre 15 anni, e anche il quotidiano italiano IL MANIFESTO ha da tre anni un suo corrispondente accreditato all'Avana. I corrispondenti permanenti acquisiscono anche lo status di straniero residente temporaneo e hanno carta di identità cubana (i corrispondenti stranieri accreditati a Cuba presso il Centro de Prensa Internacional sono circa 180). Da questo discorso ne deriva in modo evidente che NON è possibile né consentito effettuare lavoro giornalistico a Cuba avendo un semplice VISTO TURISTICO. Il visto turistico lo prendono circa 3 milioni di persone, quanti sono ora i turisti stranieri a Cuba ogni anno. Il visto turistico è un semplice foglietto con identità e nazionalità della persona e con data di entrata nel Paese e che deve essere conservato e presentato al controllo passaporti all'uscita dal Paese. Il visto turistico dà diritto ad una permanenza di un mese a Cuba ed è possibile richiedere una proroga di un secondo mese. Queste regole le rispettano i quasi tre milioni di turisti che si recano a Cuba. E' dunque più che ovvio che non è consentito a giornalisti e fotografi professionali viaggiare e lavorare disinvoltamente a Cuba con un semplice visto turistico comprato in agenzia di viaggi! La imigraciòn cubana ha sempre comunicato che col visto turistico si può viaggiare e permanere nel paese solo facendo i turisti. Anche gli stranieri che a Cuba svolgono attività commerciali (a Cuba operano oltre 400 imprese estere di cui circa 80 italiane), devono richiedere un visto speciale previsto appunto per le attività commerciali. Quindi nelle redazioni degli organi di informazione esteri, tra cui giornali, riviste, radio e tv italiane sanno bene, o dovrebbero sapere, che non è consentito inviare professionisti vestiti da turisti e poi farli girare senza alcun controllo in lungo e in largo per il paese ospitante. Quando vengono intercettati questi cronisti e giornalisti abusivi incorrono nelle sanzioni della violazione sopra descritta. Naturalmente ci sono precedenti, alcuni clamorosi. Come quando nel maggio del 2005, nei giorni 20 e 21 di quel mese, furono intercettati e subito espulsi da Cuba Francesco Battistini, del Corriere della Sera, e una collega di Repubblica. Avevano preso un aereo intercontinentale il giorno prima (confondendosi appunto alla massa dei normali turisti) e pretendevano di essere presenti il giorno successivo all'evento della famosa, e consentita, riunione dei 150 dissidenti cubani ospiti nella villetta di Felix Bonne nel municipio di Rancho Boyeros alla periferia ovest de L'Avana, vicino all'aeroporto internazionale Josè Martì. A quella speciale riunione parteciparono ovviamente esponenti del corpo diplomatico di vari Paesi presenti a Cuba, giornalisti accreditati come corrispondenti permanenti e comunque giornalisti in possesso di visto di transito. I due professionisti italiani sopra citati, di Corriere e Repubblica, pretendevano di infilarsi abusivamente e burlandosi dei regolamenti a quella manifestazione. Alla quale partecipò addirittura il responsabile diplomatico del palazzo della SINA, la sede degli interessi degli Usa all'Avana, James Cason, che portò al capo di quella riunione, la dissidente Marta Beatriz Roque, un dvd con un saluto del presidente Usa G.W.Bush, messaggio che fu letto ai presenti. Ripetiamo: 150 dissidenti cubani. Certo una occasione ghiottissima per la stampa italiana! Di più, la registrazione integrale di quella manifestazione che non fu proprio per nulla né vietata né censurata, venne poi tempo dopo trasmessa dalla Tv cubana nel corso di una "tavola rotonda". Senza filtri e senza tagli. E' ovvio e comprensibile che avvenimenti come quello, o come quello odierno della ricerca del fratello presunto complice dell'assassinio di Lignano dello scorso agosto fuggito a Cuba mentre la sorella rea confessa è in carcere in Italia, è un "boccone" che fa molto gola alla stampa e tv italiana e non solo a quella informativa ma anche a quella "gossipara" dei molti talk show pomeridiani che sulle reti tv italiane fanno a gara a chi trasmette di più sui casi di omicidi, delitti, sparizioni varie. Certo, pretendere di entrare a Cuba senza alcun problema e effettuare "scoop" clandestini e scavalcando le regole, e poi ripartire rimischiandosi e nascondendosi tra le migliaia di turisti in partenza da Cuba, era davvero troppo. Quando le autorità cubane si sono accorte della spedizione (i quattro italiani erano arrivati nella città di Camaguey, avevano lavorato intervistando, fotografando e filmando il giovane cubano soprannominato "Tyson"), sono intervenute fermando i giornalisti abusivi senza il regolamentare visto giornalistico. Le autorità cubane possono anche perdere un po di pazienza dopo i non pochi tentativi, non molto innocenti, come quello in questione, di professionisti venuti a investigare e a lavorare giornalisticamente a Cuba violando ogni regola che sicuramente conoscevano. Quanto al giovane presunto assassino di Lignano soprannominato Tyson, saranno gli investigatori e le autorità di polizia cubane a decidere i tempi di indagine e accordi con la polizia, l'Interpol, la giustizia italiana e gli organi ufficiali della sede diplomanatica d'Italia all'Avana, una volta che sarà spiccato un mandato internazionale
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/10/03/news/salvati-dall-interprete-che-ama-tanto-l-italia-1.5797344
«Salvati dall’interprete
che ama tanto l’Italia»
Trentasei ore in balia di altri. Tu sparisci. Sei solo un nome, un cognome, una nazionalità, una professione. Nella fattispecie, un periodista. E si sa che i giornalisti piacciono poco al pensiero unico dei regimi. Sei lì, in loro balia. Senza un perché plausibile, senza sapere cosa ti attende, senza poter chiedere aiuto. Entri, ostaggio, in una caserma militare. Anzi, in una caserma militare di un regime. Da quel momento fai l’ingresso in un’altra realtà, dove perfino le diaboliche dinamiche descritte da Kafka si annacquano. Sei solo. Non puoi più parlare, pretendere, chiamare qualcuno. Cercare di spiegare. Appartieni ad altri. Certo, sono gentili, ti ripetono di rilassarti. Ma intanto ti accompagnano anche in bagno.
Strane sensazioni. Quel pomeriggio non sapevo come scrivere il pezzo. Poco prima avevo incontrato Reiner. Avevo fretta, tirava una brutta aria nel centro di Camagüey. Del resto, non si riusciva a mascherare l’ansia di ripartire. Dovevo scrivere e questo era l’imperativo assoluto. Mi sono affidato al mio Blackberry. Ma era scarico e non potevo neppure rientrare in hotel perchè avevo già disdetto la camera in attesa di ripartire per l’Avana. Ho chiesto un taxi. Mi hanno portato una vecchia Lada tutta ferro, con i finestrini anneriti. Ho trattato il prezzo: 10 Cuc (circa 9 euro) per starmene in auto con il motore acceso (niente aria condizionata) sotto un sole da liquefarsi per far funzionare il caricatore. Ho scritto di getto con i polpastrelli dei pollici, ricordando quello che avevo visto e sentito. Sette “mini-lanci”.
Di nuovo da Tyson. Il mio l’ho fatto, mi ero detto. Tuttavia, non si poteva ancora ripartire: mancava all’appello il fotografo del Corriere, che si era perso l’intervista mattutina con Tyson per cercare un improbabile Internet point. Così, aveva deciso di tornare, assieme al nostro driver, nella casa del killer per scattargli alcune foto. Erano già trascorse due ore e non rispondeva più al telefono. Decidiamo di andare a cercarlo e affittiamo un taxi che ci porta nel Reparto di Puerto azzurro, dove vive Reiver. Arrivati, percepiamo che qualcosa non va. Non c’è nessuno in strada e a quell’ora è impossibile. E soprattutto non c’è la nostra auto.
La telefonata. Rientriamo verso la piazza dell’hotel. Telefono al collega Pasqualetto del Corriere della sera e gli riferisco che non abbiamo notizia del suo fotografo. «Fammi sapere in poco tempo – gli dico –, perché c’è qualcosa che non torna». Subito dopo il nostro taxista riceve una telefonata. Ci riferisce che il nostro amigo periodista ci aspetta fuori dell’albergo. Lo guardo stupito e gli chiedo come mai abbiano informato lui. Non risponde. Cerco di tranquillizzarmi giustificando il silenzio del fotografo con la sua necessità di inviare in fretta e furia le immagini. Sto ancora rimuginando, ma ormai siamo arrivati alla piazza dell’hotel Ferro, dove ho pernottato. Ormai i giochi sono fatti.
Il bliz della polizia. Tutto accade in pochi attimi: la nostra auto che arriva, la strana concitazione, la folla eccitata. Ne emergono alcuni energumeni. Non c’è neppure il tempo di chiedersi cosa stia accandendo che siamo già fuori del taxi tra due poliziotti armati e in borghese. Entro nella loro auto, mi sfilano di mano il cellulare. Si parte. Silenzio assoluto. Non c’è nulla da capire perché non si può capire nulla. Arriviamo alla caserma del ministero dell’Immigrazione. Sono accompagnato nella sala d’aspetto. Ed è lì che ritrovo il driver, il fotografo e i due colleghi che erano con me a Puerto Azzurro e che erano saliti su un’altra auto. Comicia l’incubo.
L’attesa infinita. Ci guardiamo smarriti. Increduli. Nessuno parla. Ilaria è riuscita a trattenere uno dei cellulari e invia una serie di sms per informare dell’arresto. Possiamo solo chiedere da bere o accedere a quelli che eufemisticamente sono chiamati bagni. Tre ore dopo il comandante della stazione ci dice che saremo trasferiti al Parlamento, ovvero al Ministero del Interior, per gli interrogatori. Vogliono sapere tutto. Veniamo filmati, schedati. Sono gentili, i soldati. Alle 21 ci danno da mangiare, ma siamo privati di ogni libertà. Non capiamo quale sia il reato e soprattutto cosa aspettarci. Verso la mezzanotte ci dividono. Io con i due collegi di Matrix finisco in una casetta con due camerette. Ci chiudono dentro, sprangano le inferriate e mettono un soldato di sentinella.
Gli interrogatori. Alle 8 siamo riportati al Parlamento. Altri interrogatori. Sanno tutto di noi, ci hanno seguiti fin dall’arrivo. Sanno perfino per quale testata lavoriamo. Ma l’atteggiamento è cambiato. Più disponibili, meno rigidi, più propensi al dialogo. Tra loro c’è un poliziotto guascone. Durante l’interrogatorio fa una pausa e mi parla di calcio. È milanista. Se la prende con Berlusconi perché, testuale, «ha svenduto troppi campioni». Dopo il Milan per lui viene il Real Madrid. Gli ribatto che preferisco il Barcellona. Si parla, si scherza. Rifiato, finalmente. Ma è il ruolo dell’interprete, moglie di uno dei comandanti della caserma, che risulterà importante per l’esito delle vicenda.
Il ruolo dell’interprete. L’interprete ama l’Italia. Ama Bocelli, è nata lo stesso giorno. Ma è soprattutto una fan di Jovanotti, di cui conosce i testi di ogni canzone. È lei a interrogarmi per l’ultima volta e a tradurre ciò che dico al verbalizzante. È attenta a evitare parole come complotto, organizzazione, piano. Si percepisce che vuole escludere ogni connotazione politica della vicenda. Ripete che il nostro unico obiettivo era quello di intevistare Reiver, accusato in Italia di duplice omicidio. Alla fine dell’interrogarorio mi dice che tra poco partiremo per l’Avana. E così accade.
Di nuovo all’Avana. Saliamo su un furgone con tre poliziotti che custodiscono i nostri passaporti. Ma siamo di nuovo in possesso dei cellulari. Ci aspetta il viaggio verso l’Avana, circa 8 ore, attraversando agglomerati poveri, ma affascinanti prima di immetterci nell’autopista, 400 chilometri, due soste, un casco di banane dal sapore ineguagliabile. Arriviamo all’Avana verso le 22. Nuovo interrogatorio nella caserna dell’Immigrazione che ospita quelli che stanno per essere espulsi. Il comandante ci spiega che il nostri visto era in difetto, che rientreremo in Italia il giorno successivo, che dormiremo in albergo, ma che saremo scortati fin dentro l’aereo.
Cuba colorata e in festa. È l’ultima serata a Cuba. Decidiamo di uscire con un taxi laggiù, lungo il Malecon, il lungomare dell’Avana, dove si dice che i cubani incontrino l’anima gemella. È tardi, ma l’Avana come sempre è in festa. Colori, musica, danze, buon cibo, spensieratezza, sorrisi. Cuba è soprattutto questo. E il regime fa finta di non averlo capito
«Salvati dall’interprete
che ama tanto l’Italia»
Trentasei ore in balia di altri. Tu sparisci. Sei solo un nome, un cognome, una nazionalità, una professione. Nella fattispecie, un periodista. E si sa che i giornalisti piacciono poco al pensiero unico dei regimi. Sei lì, in loro balia. Senza un perché plausibile, senza sapere cosa ti attende, senza poter chiedere aiuto. Entri, ostaggio, in una caserma militare. Anzi, in una caserma militare di un regime. Da quel momento fai l’ingresso in un’altra realtà, dove perfino le diaboliche dinamiche descritte da Kafka si annacquano. Sei solo. Non puoi più parlare, pretendere, chiamare qualcuno. Cercare di spiegare. Appartieni ad altri. Certo, sono gentili, ti ripetono di rilassarti. Ma intanto ti accompagnano anche in bagno.
Strane sensazioni. Quel pomeriggio non sapevo come scrivere il pezzo. Poco prima avevo incontrato Reiner. Avevo fretta, tirava una brutta aria nel centro di Camagüey. Del resto, non si riusciva a mascherare l’ansia di ripartire. Dovevo scrivere e questo era l’imperativo assoluto. Mi sono affidato al mio Blackberry. Ma era scarico e non potevo neppure rientrare in hotel perchè avevo già disdetto la camera in attesa di ripartire per l’Avana. Ho chiesto un taxi. Mi hanno portato una vecchia Lada tutta ferro, con i finestrini anneriti. Ho trattato il prezzo: 10 Cuc (circa 9 euro) per starmene in auto con il motore acceso (niente aria condizionata) sotto un sole da liquefarsi per far funzionare il caricatore. Ho scritto di getto con i polpastrelli dei pollici, ricordando quello che avevo visto e sentito. Sette “mini-lanci”.
Di nuovo da Tyson. Il mio l’ho fatto, mi ero detto. Tuttavia, non si poteva ancora ripartire: mancava all’appello il fotografo del Corriere, che si era perso l’intervista mattutina con Tyson per cercare un improbabile Internet point. Così, aveva deciso di tornare, assieme al nostro driver, nella casa del killer per scattargli alcune foto. Erano già trascorse due ore e non rispondeva più al telefono. Decidiamo di andare a cercarlo e affittiamo un taxi che ci porta nel Reparto di Puerto azzurro, dove vive Reiver. Arrivati, percepiamo che qualcosa non va. Non c’è nessuno in strada e a quell’ora è impossibile. E soprattutto non c’è la nostra auto.
La telefonata. Rientriamo verso la piazza dell’hotel. Telefono al collega Pasqualetto del Corriere della sera e gli riferisco che non abbiamo notizia del suo fotografo. «Fammi sapere in poco tempo – gli dico –, perché c’è qualcosa che non torna». Subito dopo il nostro taxista riceve una telefonata. Ci riferisce che il nostro amigo periodista ci aspetta fuori dell’albergo. Lo guardo stupito e gli chiedo come mai abbiano informato lui. Non risponde. Cerco di tranquillizzarmi giustificando il silenzio del fotografo con la sua necessità di inviare in fretta e furia le immagini. Sto ancora rimuginando, ma ormai siamo arrivati alla piazza dell’hotel Ferro, dove ho pernottato. Ormai i giochi sono fatti.
Il bliz della polizia. Tutto accade in pochi attimi: la nostra auto che arriva, la strana concitazione, la folla eccitata. Ne emergono alcuni energumeni. Non c’è neppure il tempo di chiedersi cosa stia accandendo che siamo già fuori del taxi tra due poliziotti armati e in borghese. Entro nella loro auto, mi sfilano di mano il cellulare. Si parte. Silenzio assoluto. Non c’è nulla da capire perché non si può capire nulla. Arriviamo alla caserma del ministero dell’Immigrazione. Sono accompagnato nella sala d’aspetto. Ed è lì che ritrovo il driver, il fotografo e i due colleghi che erano con me a Puerto Azzurro e che erano saliti su un’altra auto. Comicia l’incubo.
L’attesa infinita. Ci guardiamo smarriti. Increduli. Nessuno parla. Ilaria è riuscita a trattenere uno dei cellulari e invia una serie di sms per informare dell’arresto. Possiamo solo chiedere da bere o accedere a quelli che eufemisticamente sono chiamati bagni. Tre ore dopo il comandante della stazione ci dice che saremo trasferiti al Parlamento, ovvero al Ministero del Interior, per gli interrogatori. Vogliono sapere tutto. Veniamo filmati, schedati. Sono gentili, i soldati. Alle 21 ci danno da mangiare, ma siamo privati di ogni libertà. Non capiamo quale sia il reato e soprattutto cosa aspettarci. Verso la mezzanotte ci dividono. Io con i due collegi di Matrix finisco in una casetta con due camerette. Ci chiudono dentro, sprangano le inferriate e mettono un soldato di sentinella.
Gli interrogatori. Alle 8 siamo riportati al Parlamento. Altri interrogatori. Sanno tutto di noi, ci hanno seguiti fin dall’arrivo. Sanno perfino per quale testata lavoriamo. Ma l’atteggiamento è cambiato. Più disponibili, meno rigidi, più propensi al dialogo. Tra loro c’è un poliziotto guascone. Durante l’interrogatorio fa una pausa e mi parla di calcio. È milanista. Se la prende con Berlusconi perché, testuale, «ha svenduto troppi campioni». Dopo il Milan per lui viene il Real Madrid. Gli ribatto che preferisco il Barcellona. Si parla, si scherza. Rifiato, finalmente. Ma è il ruolo dell’interprete, moglie di uno dei comandanti della caserma, che risulterà importante per l’esito delle vicenda.
Il ruolo dell’interprete. L’interprete ama l’Italia. Ama Bocelli, è nata lo stesso giorno. Ma è soprattutto una fan di Jovanotti, di cui conosce i testi di ogni canzone. È lei a interrogarmi per l’ultima volta e a tradurre ciò che dico al verbalizzante. È attenta a evitare parole come complotto, organizzazione, piano. Si percepisce che vuole escludere ogni connotazione politica della vicenda. Ripete che il nostro unico obiettivo era quello di intevistare Reiver, accusato in Italia di duplice omicidio. Alla fine dell’interrogarorio mi dice che tra poco partiremo per l’Avana. E così accade.
Di nuovo all’Avana. Saliamo su un furgone con tre poliziotti che custodiscono i nostri passaporti. Ma siamo di nuovo in possesso dei cellulari. Ci aspetta il viaggio verso l’Avana, circa 8 ore, attraversando agglomerati poveri, ma affascinanti prima di immetterci nell’autopista, 400 chilometri, due soste, un casco di banane dal sapore ineguagliabile. Arriviamo all’Avana verso le 22. Nuovo interrogatorio nella caserna dell’Immigrazione che ospita quelli che stanno per essere espulsi. Il comandante ci spiega che il nostri visto era in difetto, che rientreremo in Italia il giorno successivo, che dormiremo in albergo, ma che saremo scortati fin dentro l’aereo.
Cuba colorata e in festa. È l’ultima serata a Cuba. Decidiamo di uscire con un taxi laggiù, lungo il Malecon, il lungomare dell’Avana, dove si dice che i cubani incontrino l’anima gemella. È tardi, ma l’Avana come sempre è in festa. Colori, musica, danze, buon cibo, spensieratezza, sorrisi. Cuba è soprattutto questo. E il regime fa finta di non averlo capito
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Re: Fermati a Camaguey 4 giornalisti italiani che stavano intervistando Reiver Rico sull'omicidio di Lignano
mosquito ha scritto:http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/10/03/news/salvati-dall-interprete-che-ama-tanto-l-italia-1.5797344
«Salvati dall’interprete
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