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Messaggio Da giumiro Dom 4 Nov 2012 - 21:12

Contrordine, compagni! A Cuba lo Stato arretra, ma i Castro no



- L’ennesima bufala comparsa sulla rete, della ennesima morte di Fidel Castro (ormai non si contano più) e della carcerazione/liberazione di Yoani Sanchez – blogger
in netto contrasto con le politiche dispotiche del regime cubano –
hanno dato la possibilità a vari media ed analisti di riprendere in mano
l’argomento “Cuba” cercando di analizzare la situazione in quel territorio, ultimo baluardo (con il Venezuela) di un comunismo quasi morto e sepolto.
Sembra incredibile ma Il presidente
cubano Raùl Castro, che ormai da qualche anno ha preso il posto del
fratello malato, sembrerebbe perseguire l’obiettivo che lo Stato diventi più efficiente ed esca dalle attività economiche più importanti [] quali l’agricoltura e servizi al dettaglio.
Cina e Vietnam hanno adottato misure analoghe negli ultimi decenni quando hanno cominciato a spostarsi verso un “socialismo di mercato”.
Oggi, quasi il 95% del Pil cubano è prodotto dallo Stato. Il governo di
Castro invece, con una svolta senza precedenti, vorrebbe portare entro
4-5 anni la produzione del “non Stato” tra il 40% ed il 45%.

Un recente documento governativo esorta le autorità a sostenere e ad incoraggiare “le
società a capitale misto, le cooperative, gli agricoltori con il
diritto di utilizzare terreni incolti, i proprietari di immobili in
affitto, i lavoratori autonomi e le altre forme che possono contribuire
ad aumentare l’efficienza del lavoro sociale
”. I piani prevedono la riduzione della forza lavoro dello stato di almeno il 20%,
circa un milione di lavoratori, l’eliminazione dei sussidi a favore di
programmi di welfare e la concessione alle imprese statali di maggiore
autonomia.
Gli economisti locali hanno detto che un importante cambiamento per il
settore “non-stato” significherà lo spostamento di grandi blocchi di
attività economica ora gestita esclusivamente dal governo.
Questo significa che anche aziende di media grandezza, diventeranno cooperative o imprese di proprietà individuale.

Questo cambiamento, che sicuramente fa gridare al miracolo, non deve
però trarre in inganno. L’apparente apertura di Raùl Castro, sebbene sia
un passo importante, non sta cambiando di fatto l’imprinting
dittatoriale cubano.

Raùl era un militante comunista e sovietico già all’epoca in cui Fidel aveva propensione fascista e militava nel partito Ortodosso di Eduardo Chibas.
Fu proprio Raùl a far cambiare direzione alla rivoluzione convincendo
Fidel ad una apertura verso Mosca, quando invece era iniziata in maniera
completamente diversa.
E fu proprio lui, Raùl, a sorreggere il regime cubano dietro al più
affascinante e barbuto fratello. Di 5 anni più giovane di Fidel, Raùl Castro ha sempre comandato dalle “seconde file”, lasciando altri in pasto all’opinione pubblica.
Il cambiamento che sta attraversando Cuba in questo momento non
deve creare illusioni. Possiamo infatti affermare che di democrazia,
almeno al momento, non se ne vedrà nemmeno l’ombra.
Raùl è il vero leader della nomenklatura militare a Cuba,
che è quella che gestisce l’economia chiusa (turismo-zucchero) e che,
come è anche facile immaginare, ne detiene i guadagni maggiori.

Come mai allora questa timida apertura verso una economia meno statalista? Non si tratta certo di libero mercato, ma bensì di un approccio economico tecnocratico
volto a spostare l’economia Cubana verso un modello Cinese o
Vietnamita: un comunismo “travestito” obbligato anche dalla crisi
globale. L’avvicinamento progressivo di Cuba alla Cina non
è solamente dettato da vecchie ideologie, ma prende spunto da una
necessità economica, visto i problemi ancora ben presenti con parte
dell’occidente.

Questa nuova apertura economica non è altro che un gioco in grado di
aprire a Cuba la possibilità di operare nei mercati, al solo scopo di
mantenere regime, potere e guadagno per pochi.
http://www.libertiamo.it/info/
giumiro
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