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Nelle strade di Cuba la vita è una lotteria
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Nelle strade di Cuba la vita è una lotteria
Margherita Portelli
Succede, alle presentazioni dei libri di Davide Barilli, che un incessante e caldo mormorio spagnoleggiante raggiunga l’orecchio dell’uditore: è a poche sedie di distanza, inconsapevole quanto azzeccato sottofondo di una chiacchierata su di un racconto che, come fa notare l’editore Andrea Marvasi, «ha sapore di internazionalità».
«Il gallo in bicicletta» (Fedelo’s editrice, 82 pagine, 10.50 euro) è stato presentato ieri pomeriggio alla Feltrinelli. Il libro rappresenta la terza tappa di quella che per ora si può definire una piccola trilogia cubana, e che comprende «Carte d’Avana» e «La ragazza di Alamar».
Al tavolo dei relatori, il critico letterario Giuseppe Marchetti si distingue: la sua camicia non è rossa, mentre autore ed editore, probabilmente senza accordarsi in precedenza, sfoggiano un’intesa cromatica scarlatta che pare voler simboleggiare, negli abiti, l’alleanza letteraria che dura da anni.
«Questo è uno dei tanti libri che Fedelo’s ha sempre sognato - introduce l’editore -. Estemporaneo, breve, in grado di dare emozioni». Barilli, scrittore e giornalista della «Gazzetta», spende qualche parola sulla genesi del suo rapporto con Fedelo’s, prima di entrare nel vivo del libro: «Avevo una serie di taccuini neri pieni di roba su Cuba, e decisi di darli ad Andrea quando mi disse che voleva cominciare a fare l’editore. Così sono nati questi tre libri, cui poi si aggiungerà un quarto».
Su «Il gallo in bicicletta» le prime impressioni le restituisce Marchetti, leggendo qualche riga che «profuma di Hemingway», e che racconta le vicende del pensionato Alejandro Herrera. «C’è un uomo che rovista nei bidoni dell’immondizia del suo quartiere, a Cuba: esemplifica la mentalità di un popolo, che pare indifferente alla sua condizione sociale - spiega il critico -. Dice che per cambiare la sua vita deve riuscire a cambiare la lotteria».
Si tratta della «bolita», la lotteria illegale che dopo la rivoluzione cubana fu messa al bando da Fidel Castro. «Poi nella storia si inserisce un gallo grasso - riprende il filo Barilli -, di quelli dei combattimenti clandestini, al quale il nostro personaggio vorrebbe insegnare ad andare in bicicletta».
Alejandro Herrera lo ritroviamo anche nelle illustrazioni che compongono il libro insieme alle parole di Barilli, a firma dell’artista Ramon Perez Pereira: immagini incise a linoleum su carta impura e sporca ricavata dal riciclo di elenchi telefonici.
«In questo libro, che credo sia uno dei più intensamente vissuti di Barilli - continua Marchetti -, il racconto diventa il personaggio e il personaggio è il racconto. Il protagonista diviene affettuosamente complice della nostra mediocrità. Non c’è la ricerca ossessiva di un esito narrativo, ma il piacere del racconto». Su quanto ci sia di vero nelle vicende narrate, Barilli non si sbottona: «Uno scrittore viene investito dalle storie. In questo caso io sono inciampato in una storia particolare, camminando per le strade di Cuba: quella della «bolita», appunto». E se gli chiedi se quell’Alejandro Herrera sia davvero mai esistito, la risposta è inevitabile: «Probabilmente sì».
gazzetta di parma
Succede, alle presentazioni dei libri di Davide Barilli, che un incessante e caldo mormorio spagnoleggiante raggiunga l’orecchio dell’uditore: è a poche sedie di distanza, inconsapevole quanto azzeccato sottofondo di una chiacchierata su di un racconto che, come fa notare l’editore Andrea Marvasi, «ha sapore di internazionalità».
«Il gallo in bicicletta» (Fedelo’s editrice, 82 pagine, 10.50 euro) è stato presentato ieri pomeriggio alla Feltrinelli. Il libro rappresenta la terza tappa di quella che per ora si può definire una piccola trilogia cubana, e che comprende «Carte d’Avana» e «La ragazza di Alamar».
Al tavolo dei relatori, il critico letterario Giuseppe Marchetti si distingue: la sua camicia non è rossa, mentre autore ed editore, probabilmente senza accordarsi in precedenza, sfoggiano un’intesa cromatica scarlatta che pare voler simboleggiare, negli abiti, l’alleanza letteraria che dura da anni.
«Questo è uno dei tanti libri che Fedelo’s ha sempre sognato - introduce l’editore -. Estemporaneo, breve, in grado di dare emozioni». Barilli, scrittore e giornalista della «Gazzetta», spende qualche parola sulla genesi del suo rapporto con Fedelo’s, prima di entrare nel vivo del libro: «Avevo una serie di taccuini neri pieni di roba su Cuba, e decisi di darli ad Andrea quando mi disse che voleva cominciare a fare l’editore. Così sono nati questi tre libri, cui poi si aggiungerà un quarto».
Su «Il gallo in bicicletta» le prime impressioni le restituisce Marchetti, leggendo qualche riga che «profuma di Hemingway», e che racconta le vicende del pensionato Alejandro Herrera. «C’è un uomo che rovista nei bidoni dell’immondizia del suo quartiere, a Cuba: esemplifica la mentalità di un popolo, che pare indifferente alla sua condizione sociale - spiega il critico -. Dice che per cambiare la sua vita deve riuscire a cambiare la lotteria».
Si tratta della «bolita», la lotteria illegale che dopo la rivoluzione cubana fu messa al bando da Fidel Castro. «Poi nella storia si inserisce un gallo grasso - riprende il filo Barilli -, di quelli dei combattimenti clandestini, al quale il nostro personaggio vorrebbe insegnare ad andare in bicicletta».
Alejandro Herrera lo ritroviamo anche nelle illustrazioni che compongono il libro insieme alle parole di Barilli, a firma dell’artista Ramon Perez Pereira: immagini incise a linoleum su carta impura e sporca ricavata dal riciclo di elenchi telefonici.
«In questo libro, che credo sia uno dei più intensamente vissuti di Barilli - continua Marchetti -, il racconto diventa il personaggio e il personaggio è il racconto. Il protagonista diviene affettuosamente complice della nostra mediocrità. Non c’è la ricerca ossessiva di un esito narrativo, ma il piacere del racconto». Su quanto ci sia di vero nelle vicende narrate, Barilli non si sbottona: «Uno scrittore viene investito dalle storie. In questo caso io sono inciampato in una storia particolare, camminando per le strade di Cuba: quella della «bolita», appunto». E se gli chiedi se quell’Alejandro Herrera sia davvero mai esistito, la risposta è inevitabile: «Probabilmente sì».
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