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Cuba. L'isola che c'è davvero
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Cuba. L'isola che c'è davvero
di Anita Zechender
Non solo Avana e spiagge, non solo edifici coloniali, auto d'epoca scintillanti e Revoluçion. Alla scoperta di un eden di forme, colori, odori e atmosfere
L'isola delle anime nobili in sembianze modeste, accoglie i suoi visitatori come una Musa dai colori invecchiati ma sempre vivaci, sorretti da una spina dorsale fatta di son (ritmo musicale nato a Cuba) e ron (rum in lingua spagnola). Il fumo dei Cohiba (sigari cubani) invade gli spazi, raccontati dagli occhi espressivi di chi a Cuba è nato e vi resterà per tutti i giorni della sua vita. Le macchine colorate rubate ad un film della Walt Disney, camminano lente tra i viali antichi, sorpassando di poco le carrozze trainate da cavalli, mentre si perdono in penombra lungo i viali della storia.
I pomeriggi cubani sono lenti come lo scorrere di un tempo immobile, che qui sembra passeggiare sempre a piedi, per poi fermarsi a sorseggiare un buon Cuba Libre, inebriato dal suono inconfondibile dei Buena Vista Social Club. La storia cala sugli occhi della gente, che a tratti appesantita, lascia fuggire gli ideali e balla tra sudore e polvere, ascoltando il ritmo di un'anima che ancora crede al cambiamento. L'eco dei Caraibi raccontati dagli elogi di García Lorca o da Hemingway che ne fece la sua patria adottiva, si mescola alle storie dei pirati e alle loro scorrerie, per poi riemergere tra i volti di una folla sedotta per secoli da questi mari. La Rivoluzione ha invaso gli spazi, riflettendosi nel tramonto che incornicia il Cristo dell'Havana, a tratti decadente, complessa, ancora meravigliosa. Eccoli i palazzi fatiscenti del Centro Habana, che tendono la mano ai preziosi edifici coloniali dell'Habana Vieja.
Passeggiare per le strade di quello che è il cuore storico di Cuba, significa entrare in un quadro rubato alla realtà, passando per Plaza de la Catedral che Carpentier definiva "musica trasformata in pietra", dove si trova La Catedral de San Cristóbal de la Habana e Plaza de Armas con il Palacio de los Capitanes Generales, antica sede dei governatori spagnoli, si giunge presso l'Hotel Ambos Mundos, dove nella stanza 511, si odono ancora le parole di Hemingway. Il Floridita rende omaggio al suo celebre scrittore preparando uno squisito Daiquiri, mentre in lontananza l'anima di Cuba danza nella Casa de la Musica o tra i tavoli della Bodeguita del Medio, tra una porzione di moros y cristianos (riso e fagioli neri), un Mojito e le melodie romantiche dei trovadores (cantautori di genere tradizionale). Ciò che rimane indelebile nella mente e nel cuore di chi giunge a Cuba per la prima volta è il flusso della vita, fatta di passione, jineteros (ragazzi cubani che frequentano i turisti in cambio di denaro) e santeros (sacerdoti della Santería, religione diffusa a Cuba, che unisce elementi africani, animisti e cristiani).
L'emozione sorprende chiunque si trovi ad alzare gli occhi al cielo, al centro di uno dei luoghi pubblici più importanti della storia dell'isola, eccola Plaza de la Revolución, circondata da edifici che risalgono al regime di Batista, dove si ode ancora l'eco di Fidel e degli altri leader politici dal podio davanti al Memorial di José Martí. Il Centro Habana dominato dal Capitolio, ha un volto malinconico di polvere e aria bianca, dove i cittadini attendono il proprio turno con la libreta (tessera per la quota mensile di alimenti) in mano, mentre coppie di sposi attraversano Paseo de Martì su auto d'epoca. Il quartiere Vedado in lontananza, accoglie tra i suoi alti e moderni edifici ereditati dal periodo d'oro dell'Havana, mentre a Miramar, villette curate rimangono distanti dal cuore pulsante della città. Il sole si addormenta all'orizzonte, è questo il momento i cui chi ama Cuba, corre a salutarlo sul Malecón, il suggestivo lungomare su cui sfilano eleganti palazzi che come nobili decaduti, attendono la sera per vestirsi nuovamente di sogni.
Mentre il Castillo del Morro e la città si specchiano sonnolenti nella baia, la Carretera Central, principale arteria stradale che collega tutta l'isola da Pinar del Río a Guantánamo, si sveglia all'alba con i suoi viandanti, che a piedi, in bicicletta o sul retro di un grande camion cercano di raggiungere il villaggio più vicino. Quella che nell'immaginario comune è un'autostrada, qui ricorda il teatro dell'assurdo, dove diversi personaggi appaiono per vendere polli ruspanti, per raggiungere l'ospedale più vicino o scrivere parte della storia di questo luogo. I villaggi fuori l'Havana sono composti da poche case, ma vicino ad ognuno c'è spesso una scuola, un ospedale o anche l'università, questo è il paradosso dell'isola dove galli mattutini attraversano la strada, hombres (uomini) sorridenti indicano il percorso, bimbi scalzi corrono sul fango dell'ultimo acquazzone tropicale, guardandoti con gli occhi genuini di chi ha nel cuore ancora il respiro della libertà. Volgendo ad ovest, lasciando indietro la zona troppo frequentata di Varadero, c'è la provincia di Pinar del Río, dove coltivazioni immense di tabacco danzano al vento con canne da zucchero, ricamando i confini dei Mogotes, tipiche formazioni calcaree che come pan di zucchero, si perdono nel verde orizzonte della zona di Viñales, per lasciare di tanto in tanto spazio a piccole città dal retaggio coloniale e alle tante grotte, come la Cueva del Indio.
Qui le case private chiamate casas particulares, sono meno curate di quelle cittadine, ma nei piccoli villaggi non mancherà l'ospitalità di qualche signora, che oltre ad un letto pulito vi potrà preparare una buona langosta (aragosta) alla brace o del pollo ruspante accompagnato da tostones (platano fritti). Lasciando indietro questi paesaggi unici e puntando verso sud, si potrà seguire la scia de los flamencos rosas (fenicotteri rosa) della Ciénaga de Zapata, la più vasta area protetta di Cuba e visitare la celebre Bahía de Cochinos (Baia dei Porci). In quel di Santa Clara, laddove i guerriglieri segnarono la fine del regime di Batista, facendo deragliare un treno carico di soldati e armi, non è necessario aver condiviso gli ideali della Rivoluzione per emozionarsi davanti al mausoleo del Che Guevara, quando il sacro silenzio rende omaggio alla sua tomba, dopo aver osservato con cura la foto-cronistoria del guerrillero. Cienfuegos appare come una città neoclassica che custodisce gelosamente un'anima afro-cubana, dove cabildos (associazioni) della Santería ballano al ritmo di rumba, celebrando antichi rituali. Eccola Trinidad, lo storico gioiello coloniale di Cuba, dove quadri di artisti contemporanei volteggiano tra note di salsa e l'odore di puerco asado (arrosto di maiale) di un vicino Paladar (ristorante locale a gestione privata).
Lasciando Trinidad alle spalle e respirando il vento del nord si arriverà a Cayo Coco, atollo corallino, lontano dal sapore cubano, che come quello di Levisa, Las Brujas e Santa María, emerge dalle acque cristalline. Mentre Camagüey ci saluta con i suoi vaqueros (allevatori), persa in un cuore verde e affacciata su un tratto di costa meraviglioso sorge Santiago de Cuba, l'oriente cubano, una mezcla di passione e disordine, dove il Carnaval spazza via i manifesti politici ed i suoi slogan, per lasciare il posto a notti insonni. Percorrendo La Farola (la strada del faro), si giunge a Baracoa, tra alberi secolari e lumache coloratissime, il luogo a cui si ispirò Gabriel García Márquez per la sua Macondo. "A Cuba la musica scorre come un fiume" diceva Ry Cooder, musicista americano, questo flusso è l'essenza del suo paradosso, espresso dalla tristezza dell'Havana fatta di palazzi solenni e scritte decadenti che si affacciano sull'oceano, fatta della creatività di un popolo che da tempo è rimasto ad osservare il mondo correre lontano, che conserva il fuoco sacro del suo intelletto negli altarini della Santería, che cerca attraverso i volti della sua umile e dignitosa gente il riscatto di una Rivoluzione fatta di ideali e sacrificio. Questo è il contrasto di quegli occhi che nonostante cerchino quotidianamente la definizione di libertà, sembrano continuare a dire "noi crediamo ai sogni".
repubblica.it
Non solo Avana e spiagge, non solo edifici coloniali, auto d'epoca scintillanti e Revoluçion. Alla scoperta di un eden di forme, colori, odori e atmosfere
L'isola delle anime nobili in sembianze modeste, accoglie i suoi visitatori come una Musa dai colori invecchiati ma sempre vivaci, sorretti da una spina dorsale fatta di son (ritmo musicale nato a Cuba) e ron (rum in lingua spagnola). Il fumo dei Cohiba (sigari cubani) invade gli spazi, raccontati dagli occhi espressivi di chi a Cuba è nato e vi resterà per tutti i giorni della sua vita. Le macchine colorate rubate ad un film della Walt Disney, camminano lente tra i viali antichi, sorpassando di poco le carrozze trainate da cavalli, mentre si perdono in penombra lungo i viali della storia.
I pomeriggi cubani sono lenti come lo scorrere di un tempo immobile, che qui sembra passeggiare sempre a piedi, per poi fermarsi a sorseggiare un buon Cuba Libre, inebriato dal suono inconfondibile dei Buena Vista Social Club. La storia cala sugli occhi della gente, che a tratti appesantita, lascia fuggire gli ideali e balla tra sudore e polvere, ascoltando il ritmo di un'anima che ancora crede al cambiamento. L'eco dei Caraibi raccontati dagli elogi di García Lorca o da Hemingway che ne fece la sua patria adottiva, si mescola alle storie dei pirati e alle loro scorrerie, per poi riemergere tra i volti di una folla sedotta per secoli da questi mari. La Rivoluzione ha invaso gli spazi, riflettendosi nel tramonto che incornicia il Cristo dell'Havana, a tratti decadente, complessa, ancora meravigliosa. Eccoli i palazzi fatiscenti del Centro Habana, che tendono la mano ai preziosi edifici coloniali dell'Habana Vieja.
Passeggiare per le strade di quello che è il cuore storico di Cuba, significa entrare in un quadro rubato alla realtà, passando per Plaza de la Catedral che Carpentier definiva "musica trasformata in pietra", dove si trova La Catedral de San Cristóbal de la Habana e Plaza de Armas con il Palacio de los Capitanes Generales, antica sede dei governatori spagnoli, si giunge presso l'Hotel Ambos Mundos, dove nella stanza 511, si odono ancora le parole di Hemingway. Il Floridita rende omaggio al suo celebre scrittore preparando uno squisito Daiquiri, mentre in lontananza l'anima di Cuba danza nella Casa de la Musica o tra i tavoli della Bodeguita del Medio, tra una porzione di moros y cristianos (riso e fagioli neri), un Mojito e le melodie romantiche dei trovadores (cantautori di genere tradizionale). Ciò che rimane indelebile nella mente e nel cuore di chi giunge a Cuba per la prima volta è il flusso della vita, fatta di passione, jineteros (ragazzi cubani che frequentano i turisti in cambio di denaro) e santeros (sacerdoti della Santería, religione diffusa a Cuba, che unisce elementi africani, animisti e cristiani).
L'emozione sorprende chiunque si trovi ad alzare gli occhi al cielo, al centro di uno dei luoghi pubblici più importanti della storia dell'isola, eccola Plaza de la Revolución, circondata da edifici che risalgono al regime di Batista, dove si ode ancora l'eco di Fidel e degli altri leader politici dal podio davanti al Memorial di José Martí. Il Centro Habana dominato dal Capitolio, ha un volto malinconico di polvere e aria bianca, dove i cittadini attendono il proprio turno con la libreta (tessera per la quota mensile di alimenti) in mano, mentre coppie di sposi attraversano Paseo de Martì su auto d'epoca. Il quartiere Vedado in lontananza, accoglie tra i suoi alti e moderni edifici ereditati dal periodo d'oro dell'Havana, mentre a Miramar, villette curate rimangono distanti dal cuore pulsante della città. Il sole si addormenta all'orizzonte, è questo il momento i cui chi ama Cuba, corre a salutarlo sul Malecón, il suggestivo lungomare su cui sfilano eleganti palazzi che come nobili decaduti, attendono la sera per vestirsi nuovamente di sogni.
Mentre il Castillo del Morro e la città si specchiano sonnolenti nella baia, la Carretera Central, principale arteria stradale che collega tutta l'isola da Pinar del Río a Guantánamo, si sveglia all'alba con i suoi viandanti, che a piedi, in bicicletta o sul retro di un grande camion cercano di raggiungere il villaggio più vicino. Quella che nell'immaginario comune è un'autostrada, qui ricorda il teatro dell'assurdo, dove diversi personaggi appaiono per vendere polli ruspanti, per raggiungere l'ospedale più vicino o scrivere parte della storia di questo luogo. I villaggi fuori l'Havana sono composti da poche case, ma vicino ad ognuno c'è spesso una scuola, un ospedale o anche l'università, questo è il paradosso dell'isola dove galli mattutini attraversano la strada, hombres (uomini) sorridenti indicano il percorso, bimbi scalzi corrono sul fango dell'ultimo acquazzone tropicale, guardandoti con gli occhi genuini di chi ha nel cuore ancora il respiro della libertà. Volgendo ad ovest, lasciando indietro la zona troppo frequentata di Varadero, c'è la provincia di Pinar del Río, dove coltivazioni immense di tabacco danzano al vento con canne da zucchero, ricamando i confini dei Mogotes, tipiche formazioni calcaree che come pan di zucchero, si perdono nel verde orizzonte della zona di Viñales, per lasciare di tanto in tanto spazio a piccole città dal retaggio coloniale e alle tante grotte, come la Cueva del Indio.
Qui le case private chiamate casas particulares, sono meno curate di quelle cittadine, ma nei piccoli villaggi non mancherà l'ospitalità di qualche signora, che oltre ad un letto pulito vi potrà preparare una buona langosta (aragosta) alla brace o del pollo ruspante accompagnato da tostones (platano fritti). Lasciando indietro questi paesaggi unici e puntando verso sud, si potrà seguire la scia de los flamencos rosas (fenicotteri rosa) della Ciénaga de Zapata, la più vasta area protetta di Cuba e visitare la celebre Bahía de Cochinos (Baia dei Porci). In quel di Santa Clara, laddove i guerriglieri segnarono la fine del regime di Batista, facendo deragliare un treno carico di soldati e armi, non è necessario aver condiviso gli ideali della Rivoluzione per emozionarsi davanti al mausoleo del Che Guevara, quando il sacro silenzio rende omaggio alla sua tomba, dopo aver osservato con cura la foto-cronistoria del guerrillero. Cienfuegos appare come una città neoclassica che custodisce gelosamente un'anima afro-cubana, dove cabildos (associazioni) della Santería ballano al ritmo di rumba, celebrando antichi rituali. Eccola Trinidad, lo storico gioiello coloniale di Cuba, dove quadri di artisti contemporanei volteggiano tra note di salsa e l'odore di puerco asado (arrosto di maiale) di un vicino Paladar (ristorante locale a gestione privata).
Lasciando Trinidad alle spalle e respirando il vento del nord si arriverà a Cayo Coco, atollo corallino, lontano dal sapore cubano, che come quello di Levisa, Las Brujas e Santa María, emerge dalle acque cristalline. Mentre Camagüey ci saluta con i suoi vaqueros (allevatori), persa in un cuore verde e affacciata su un tratto di costa meraviglioso sorge Santiago de Cuba, l'oriente cubano, una mezcla di passione e disordine, dove il Carnaval spazza via i manifesti politici ed i suoi slogan, per lasciare il posto a notti insonni. Percorrendo La Farola (la strada del faro), si giunge a Baracoa, tra alberi secolari e lumache coloratissime, il luogo a cui si ispirò Gabriel García Márquez per la sua Macondo. "A Cuba la musica scorre come un fiume" diceva Ry Cooder, musicista americano, questo flusso è l'essenza del suo paradosso, espresso dalla tristezza dell'Havana fatta di palazzi solenni e scritte decadenti che si affacciano sull'oceano, fatta della creatività di un popolo che da tempo è rimasto ad osservare il mondo correre lontano, che conserva il fuoco sacro del suo intelletto negli altarini della Santería, che cerca attraverso i volti della sua umile e dignitosa gente il riscatto di una Rivoluzione fatta di ideali e sacrificio. Questo è il contrasto di quegli occhi che nonostante cerchino quotidianamente la definizione di libertà, sembrano continuare a dire "noi crediamo ai sogni".
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