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“Cuba sta cambiando ma noi vogliamo scappare lo stesso”
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“Cuba sta cambiando ma noi vogliamo scappare lo stesso”
di Benedetta Argentieri
A volte basta solo un po’ di brezza a far dimenticare il caldo torrido dell’Avana. Un vento che si intrufola nelle strade della città vecchia. Invade i portici e i balconi di case colorate che cadono a pezzi. Arriva leggero, ma tanto basta per scompigliare i capelli di Sonia che nonostante siano legati da forcine, un ciuffo ribelle la tormenta. Spinge la sedia a dondolo con i piedi. Il ritmo è regolare, lento. E tra una boccata di sigaretta e l’altra, racconta il suo Paese. La sua città. E sconsolata sospira: “Non c’è rimasto altro che la fuga”.
I suoi occhi scuri guardano lontano. Oltre il Malecon (il lungo mare della capitale) c’è un altro mondo.”La verità che qui non c’è futuro”, ripete questa ragazza di 27 anni, laureata in Filosofia e in attesa di insegnare la sua materia alla facoltà di Medicina. Lei fa parte di una generazione cresciuta da genitori che hanno creduto fermamente nella rivoluzione. Un sogno che però si è spezzato. “Il nostro sistema non funziona. La gente ha fame da troppi anni. Per chi studia e lavora non ci sono prospettive”. Già, considerando che un medico prende la metà se non un quarto di un agricoltore, le alternative sono poche. Quindi chi può, chi ci riesce, prova ad andarsene. Europa, Canada, Australia. ”Lo sappiamo che c’è la crisi, non c’è lavoro. Ma sono pronta a fare qualsiasi cosa. Anche perché oramai la maggior parte dei miei amici vive all’estero”. Famiglie spezzate, non c’è nessuno che non abbia almeno un parente che abbia lasciato l’isola.
“Attenzione però, il socialismo non è tutto male, il problema è che non siamo mai riusciti a cambiare”, ci tiene a sottolineare Natalia, 28 anni. Architetto come sua madre, ha lunghi capelli scuri che le incorniciano il viso dai tratti delicati. Nonostante creda nel suo Paese, alla fine ha scelto di partire. Direzione: Stati Uniti. “Ho un ricongiungimento familiare nel 2014. Tornerò per trovare i miei genitori che non hanno alcuna intenzione di andare via”. Un addio a malincuore. “Ma necessario”. Per andare avanti. Anche se, “le aperture del regime di Raul Castro stanno cambiando profondamente Cuba”.
Dalla proprietà privata (ora è possibile comprare casa) alle aperture dei negozi. Passando per le libertà di culto, gli omosessuali e internet. Anche se rimane caro e molto lento. Le continue partenze producono effetti devestanti. “Un esempio? In alcuni paesi mancano i maestri, così lo Stato arruola ragazzini di 17 anni per fare gli insegnanti. Mi chiedo cosa possano insegnare questi ragazzi”, continua Natalia. Ma non si può protestare, pensare di scendere in piazza “a meno che siano manifestazioni pro governo”.
Il dissenso continua a non essere gradito. “Un contingente di polizia in tenuta antisommossa è sempre pronta nel caso ci siano contestazioni”, ma a parte questo, secondo Sonia, la tensione si è molto smorzata. ”Il Cdr (Comitato di difesa della rivoluzione) presente in ogni quartiere, non controlla più le nostre vite come una volta. Gli unici ancora nel mirino sono i blogger”. Le fa eco Natalia. “La libertà è importante, ma ora dobbiamo sopravvivere. Questo è il nostro problema. Non abbiamo abbastanza da mangiare. Non abbiamo soldi. Le case cadono a pezzi. E ci sono crolli quasi ogni giorno”. Quando lo dice la sua voce si incrina. Indica i palazzi colorati. Alcuni sono dei ruderi, ma la gente continua a viverci dentro. “I fondi per ristrutturarli non ci sono e le persone non hanno dove andare”. Le casa in stile coloniale stanno diventando dei ruderi. I colori pastello hanno perso l’antico smalto. Il mare e il vento hanno fatto il resto.
http://solferino28.corriere.it/2012/06/21/noi-ragazzi-cubani-in-cerca-di-futuro/
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